giovedì 7 febbraio 2013

Quante volte vi hanno detto che siete masochisti......e quante volte vi siete sentiti tali? Ripensateci, non è proprio il caso di crederci!! (Dal libro "Un uovo strapazzato")



Il tema del masochista non l’ho mai potuto sopportare. Che l’uomo abbia difficoltà a non soffrire lo capisco, ma che desideri soffrire volontariamente (a parte rari casi devianti, che però lo ammettono), mi è sempre sembrata una colossale balla psicologica.
Secondo la diffusa “teoria del masochista”, costui non tollera il benessere e, anche se va tutto nel modo migliore, cerca di crearsi una buona quota di immaginari tormenti quotidiani con metodo e caparbietà. Il buon masochista non si arrende mai e non si accontenta delle pene che è già riuscito a procacciarsi, ma cerca con costanza sofferenze sempre maggiori, sperando di riuscire, finalmente, a passare una notte in bianco rigirandosi nel suo letto…..in fondo, contento!
Il masochista ha una fantasia sconfinata: riesce a trovare ragioni di acutissimo strazio anche nei rapporti con persone fantastiche, virtuose e ineccepibili, che a lui e soltanto a lui provocano tribolazioni, rancori e incazzature solenni. Il masochista ricostruisce la realtà a modo suo, intuisce cose che non sono state dette né fatte e rielabora tutto in termini di sofferenza. Riesce perfino a trascinare in drammi senza fine quelle angeliche creature che gli stanno accanto e che sono disposte a tutto pur di evitare che soffra. Ma lui le assilla lo stesso, non si fida, si logora e le tormenta senza badare al fatto che esse vogliono solo “altruisticamente” il suo bene. I masochisti più abili non si accontentano di trovare dei banali sadici, perché sarebbe troppo semplice soffrire con loro, ma scelgono persone di infinita bontà per trovare il dolore anche nel bene, e sentirsi ancora più in colpa per questo.
Quando, poi, un masochista è troppo ambizioso, finisce per ritrovarsi con una persona con cui innegabilmente ha creato qualcosa di buono, allora si verifica il tracollo, il fallimento dei suoi progetti più elevati. Il poveraccio rimane inebetito, costretto a una vita di torpido e monotono benessere, lontano dall’estasi della sofferenza, incapace di ritrovare il senso della sua esistenza. A questo punto o soccombe, o cerca di riappropriarsi altrove del suo amato ruolo.

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