LA NONNA SANTINA
In quel periodo anche la nonna Santina viveva dalla zia Rosa. In genere era mia
madre a tenerla a bada, ma negli ultimi tempi si davano un po’ il cambio. La
nonna era sull’orlo degli ottanta anni, e il declino dell’efficienza dei suoi neuroni
cominciava a manifestarsi con prepotenza, in contrasto con il fisico che
reggeva ancora benissimo.
Mio padre, che doveva accettare la sua
presenza in casa, la osservava terrorizzato mangiare con la voracità di un
gorilla di montagna.
“Con l’appetito che ha, vivrà ancora almeno
vent’anni!”, diceva con un tono di rassegnata disperazione, “Dovreste vedere
come supera tutte le malattie!”.
Ormai la nonna aveva molte difficoltà a
ricordare ciò che era accaduto nei momenti precedenti, e il suo presente le si
riproponeva immutato molte volte.
In altre parole ripeteva sempre le stesse
cose.
In genere erano domande cariche di
preoccupazione, che non si esaurivano nonostante le reiterate risposte dei miei
familiari, che non si rassegnavano ad accettare il fatto che dopo trenta
secondi si ritrovavano al punto di partenza. Era una specie di incubo, un po’
come sparare a “Terminator 2”
che, dopo pochi secondi, si riaggiustava da solo.
La domanda che batteva tutti i record di
ascolto coatto era:
“Ma Rosa dov’è? È uscita?”.
Questa domanda veniva posta a tutti
indistintamente, sia che la zia Rosa fosse presente, sia che non lo fosse.
Qualche volta, in preda al terrore, la rivolgeva alla zia Rosa stessa.
Un altro aspetto particolare era la
scomparsa dal suo panorama di quasi tutti i concetti più astratti, mentre si
espandevano quelli più concreti.
Una sera, a una cena in suo onore in cui
eravamo invitati quasi tutti noi nipoti, lei ci accolse con una certa
perplessità poi, riconoscendoci, cominciò:
“Ahh, Osmio”, e baciandomi, “Piii… ma che?
Sei diventato più alto?”.
Poi, guardandomi meglio: “Mah, sembri più
magro!”.
Quindi si girò verso Patti: “Ma ti sei
dimagrita?…Sembri così bassina!”.
E a Paola, una delle figlie della zia Rosa,
che entrava con il fratello Silvio:
“Ma tu sei Paola!…Ma sei ingrassata?….Però
sembri più alta!”.
Alto/basso e magro/grasso erano i suoi
concetti chiave, e li utilizzava in tutte le possibili varianti, in frasi
affermative, dubitative o francamente interrogative. Quella sera era
particolarmente di buon umore e, tranne rare eccezioni, ci vedeva tutti più
alti.
In quel periodo di vacanza a Roma, la zia
Rosa era riuscita a farle fare una serie di cose, che in altri tempi la nonna
avrebbe definito ridicole. Le preparava un gin-tonic come aperitivo prima della
cena, facevano la doccia insieme, la portava alle sue sedute di Shiatzu e agli
incontri dell’Istituto Giapponese di Cultura. Mia nonna stava bene dovunque,
distribuendo alti, bassi, magri e grassi a tutti, e chiedendo a intervalli
cadenzati:
“Ma Rosa dov’è?”.
Se la zia doveva uscire, la
lasciava con una sua vecchia domestica. Mia nonna non la sopportava e, quando
Rosa tornava, tra la rabbia e le lacrime, si lamentava: “Ma ti sembra giusto
lasciare una donna vecchia e malata (a parte il depauperamento neuronale era
sanissima) a casa da sola? E chi è questa estranea che mi guarda sempre e mi fa
venire il mal di testa?”. Poi accusava la domestica di darle le medicine
sbagliate, di farla cadere apposta e di tramare le cose peggiori ai suoi danni.
In una di queste occasioni, la nonna decise
di uscire da casa e, trovando la porta sbarrata, cominciò a urlare e
minacciare. La domestica, temendo che fuori si sarebbe persa, ovviamente si
rifiutò di aprirle. Santina non si perse d’animo, prese il telefono, compose il
113 e con decisione denunciò:
“Sono la signora Santina. Ho 62 anni,
venite a liberarmi… mi tengono sequestrata!”.
Purtroppo non ricordava né dove abitava, né
il numero di telefono della zia Rosa, quindi la polizia non poté intervenire
per liberarla.
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