Per fortuna la cinese non mi colpì. Da
quando vivevo a Roma ero riuscito a sottrarmi alle vaccinazioni
anti-influenzali che Teresa mi imponeva ogni anno e l’influenza la prendevo
molto più raramente.
Quando eravamo bambini, mia madre, che ci
considerava tutti fisicamente un po’ deboli, ci sottoponeva regolarmente a
tutte le vaccinazioni disponibili e a frequenti “curette ricostituenti”, allora
molto di moda.
Il nostro medico di famiglia, che conosceva
bene Teresa, quando veniva a casa a visitarci, per prima cosa le chiedeva:
“Allora, dottoressa, di cosa pensa che abbiano bisogno i suoi figli in questo
periodo?”
E mia madre, riferendo i segni che vedeva
in noi, prescriveva senza remore: un estratto di corteccia surrenale per me,
che sembravo un po’ stanco; un ciclo di Epargriseovit per Mario, che aveva un
colorito poco convincente; un polivitaminico per Camilla, che cresceva poco; e
per Patti, che in quel periodo era molto distratta, del disgustoso olio di
fegato di merluzzo.
Il Dr. Giuffrida compilava senza scomporsi
la ricetta stabilita da mia madre, e solo dopo aggiungeva i farmaci realmente
necessari.
Non credo che queste “curette”
ricostituenti ci abbiano cambiato granché sul piano fisico, ma su quello
psicologico è facile intuire quanto possano averci fatto sentire deboli e
malaticci.
Forse era per questo che, adesso che non mi
vaccinavo più, stavo decisamente meglio. Da bambino, invece, mi ammalavo più o
meno ogni quindici giorni. Mi venivano febbricole, tossi e raffreddori vari,
che iniziavano il venerdì e terminavano la domenica sera. Avendo uno spiccato
senso del dovere, mi ammalavo solo il fine settimana, e il lunedì tornavo
regolarmente a scuola.
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