sabato 16 marzo 2013

In viaggio in Venezuela! Nell'acquarello "fiume amazzonico".


Dopo Chici, andammo a Canaima, nella foresta amazzonica.
Eravamo un gruppo eterogeneo e bizzarro. C’era Sandy, una cinquantenne americana che tra rapide, serpenti, piogge e liane rideva come se stesse partecipando a un film di Indiana Jones. Ma dopo due notti trascorse a dormire sull’amaca e a combattere con le zanzare, non rideva più tanto. Poi c’era Rosa, una venezuelana, anche lei sui cinquanta, molto simpatica ma con il vizio di fare la madre; un giovane medico omosessuale di Teramo, che continuava a farmi la corte; una ex-anoressica Svizzera, che non diceva una parola e meditava continuamente se tornare insieme con il suo ex, da cui temeva l’ennesima delusione.
La piroga era guidata da Marcelo, che aveva un fisico da culturista, un coltello da marines americano, e ci provava con tutte le donne dai 20 ai 65 anni, sostenendo che “un bucos es un bucos”. Guidava sulle rapide come se il Rio Carrao fosse un placido fiume, cosa che assolutamente non era.
La notte dormivamo, o meglio tentavamo di dormire, in amaca. Per dormire in amaca ci vuole un allenamento e una competenza particolari, che acquisii solo in parte dopo 3 - 4 giorni ascoltando i consigli di Marcelo. Infatti, se ci si mette distesi secondo la lunghezza dell’amaca, la testa e i piedi stanno inevitabilmente più in alto ed è impossibile rilassarsi e dormire. Se, invece, ci si posiziona in diagonale e si spinge con i piedi per stendere l’amaca, alla fine si riesce a stare distesi orizzontali e, anche se non ci si può girare, è comunque più comoda della posizione a parentesi tonda.
Una sera, nel luogo dove eravamo accampati, fummo raggiunti da un altro piccolo gruppo guidato da Mary, una ragazza venezuelana dalle mani forti ed espressive. Durante la cena Mary era accanto a me e mi parlava spesso, guardandomi intensamente e giocando con le sua mani. Dopo un’ora ero già innamorato. Era molto carina con i suoi tratti indios ma, a parte le mie palpitazioni non accadde nulla. Riuscii però ad avere il suo indirizzo e, tornato in Italia, volevo scriverle per chiederle di sposarmi. Rinunciai mio malgrado perché, non solo non mi avrebbe impalmato, ma sicuramente mi avrebbe preso per matto.

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