Un mese dopo, la Nonna Santina ci lasciò.
Non credo che le nozze di Patti abbiano avuto un ruolo nella sua dipartita, ma
non posso escluderlo, viste le difficoltà con cui alcuni membri della mia
famiglia affrontavano il problema della perdita. Comunque, aveva seri problemi
cardiaci, ebbe una broncopolmonite e, almeno, non soffrì a lungo.
La loro fu una vita piena e la nonna diceva
che non si pentì mai di questa scelta, anche se Pippo era spesso al Nord per
lavoro. Erano più che benestanti, avevano un intero palazzotto di due piani che
al primo aveva più di venti stanze (alcune le scoprii soltanto quando ero già adolescente).
Dopo 4 femmine finalmente arrivò il tanto atteso maschio, e lì si fermarono.
Teresa era la primogenita. Posso immaginare quali problematiche potessero
esserci in famiglia per quell’esubero di donne; la nonna cercava di tenerle a
bada, ma era troppo buona e un po’ confusionaria e le mie zie stavano con due
piedi in una scarpa solo quando c’era il nonno Pippo di cui avevano timore, e
col quale avevano limitati rapporti affettivi. Mio zio Agatino, essendo il più
piccolo, riuscì a salvarsi in quel gineceo perché era coccolato da tutte le
sorelle. Insomma era una famiglia matriarcale dove, dato l’eccesso di presenze
femminili e la limitata possibilità di dare affetto a tutti in modo equilibrato,
la situazione lì dentro assomigliava a quella di un pollaio dove imperavano le
galline, beccandosi vicendevolmente ma mantenendo integra l’unità familiare.
I temi della famiglia unita, della beccata
mascherata da gesto affettuoso, del tentativo di controllare il pollaio con
ogni tipo di manovra, vennero affinati lì ben prima che io nascessi.
Il nonno lo conobbi appena e già in una
fase avanzata della malattia cerebrale che lo aveva colpito ancora piuttosto
giovane: non riconosceva nessuno e non riusciva più neanche a parlare. Quando
mi vedeva lanciava un lungo urlo, che a me faceva una paura tremenda, ma che
mia nonna Santina interpretava come un segnale di riconoscimento e di affetto.
Dopo la sua morte lo zio Agatino, anche se
molto giovane, prese il comando della famiglia, come voleva la tradizione. E
questa fu la sua seconda ancora di salvezza: riuscì a passare indenne dal ruolo
di fratello minore coccolato a quello di capofamiglia, senza che ci fosse il
tempo di preparare lotte intestine. Queste cominciarono pesantemente solo molti
anni dopo, quando tutti erano grandi, sistemati e scontenti per la iniqua
divisione del patrimonio.
Tutti volevamo bene alla nonna Santina, in
particolare noi nipoti, perché era una vera Nonna, e il suo funerale, dove ci
rincontrammo in molti, fu più gioioso e affettivamente vero di molti noiosi
matrimoni. Eravamo tutti commossi e ci sentivamo vicini, ma quella che
sorprendentemente piangeva come un vitello era Camilla, che alla nonna Santina
era molto legata e che, in silenzio, l’aveva accudita più di altri quando stava
male.