In Sicilia i primi giorni con Beatrice erano
regolarmente un disastro. Lei sfogava su di me tutta la sua rabbia per punirmi della
mia assenza poi, poco prima di partire, sentiva che stava per riperdermi e
cambiava completamente.
Quando ci incontravamo il nostro obiettivo
era di riuscire finalmente a separarci, ma la sotterranea speranza era che
qualcosa tra noi cambiasse per poter continuare a stare insieme.
Questa situazione, che si ripeteva con
regolarità svizzera, ci aveva resi ostili e ognuno pretendeva che fosse l’altro
a cambiare. Era come se cercassimo di tirare con tutte le nostre forze dalle
due estremità un filo d’acciaio, che a breve si sarebbe spezzato, dando una
violenta sferzata a entrambi.
In Sicilia, oltre a soffrire con Beatrice,
facevo ben poco. La mia identità era come sospesa. Mangiavo, dormivo, fumavo e
incontravo parenti. La mia testa diventava sempre più leggera, come se fosse
riempita di cotone idrofilo. Sensazione che mia sorella Camilla riferiva di avere spesso, anche se per ragioni alquanto diverse, essendo
“accannata” praticamente tutto il giorno.
Non so perché l’Isola mi facesse sempre
questo effetto. Comunque, avevo imparato a non contrastarlo, tanto non c’era
niente da fare. L’unico pensiero confortante era che dopo qualche giorno sarei
ripartito e la testa sarebbe tornata come prima.
Ormai la relazione con Beatrice era finita.
Lo sapevo, lo dicevo da mesi forse da anni, ma separarsi era veramente
complicato. Non per niente gli psicoterapeuti hanno un mercato così fiorente.
Infatti, pensando a me stesso sfidanzato, mi si aprivano dei buchi neri
spaventosi.
“Riuscirò mai ad avere una relazione con
altra donna?” mi domandavo,
“E se per un caso ci riuscissi, e dopo
averla conosciuta meglio non mi piacesse più? Mi complicherei la vita per non
concludere niente, e si ripresenterebbe il problema di doverla lasciare!”.
Qui interveniva il mio “Io” dotato di
rigorosa, ma spesso inutile, ragionevolezza.
“Và bene” diceva al Me stesso, “è possibile
che in futuro possa non piacerti più, cosa c’è di strano? Ma potrebbe anche
verificarsi il contrario e se non provi non potrai mai saperlo. E poi, l’unico
modo in cui ti stai complicando la vita, visto che sei più inerte di una
sveglia senza pile, è che temendo sempre di complicartela fai poco o nulla per
godertela. Come puoi sostenere che provare interesse per una donna complica la
vita? Al contrario, la rende più allegra e stimolante”.
Ma il Me stesso fragile e distruttivo
insisteva: “Sì, ma insieme alle cose piacevoli ci saranno anche quelle
spiacevoli”.
E l’Io: “ E allora? Se
dovessero prevalere le cose spiacevoli molla tutto ed è fatta. Dov’è il
problema?”.
“A te sembra tutto molto semplice, ma cosa
racconto alla persona a cui avevo promesso qualcosa, e che mi odierà perché
l’abbandono?”.
Ogni promessa è un debito, diceva sempre
quella pia donna di mia madre, e anche se usava questo detto per costringerci a
fare ciò che voleva lei, il monito generale mi ritornava ossessivamente in
mente e mi dicevo: “Non posso fare soffrire gli altri per la mia instabilità”.
“Lascia perdere quella eroina del
sacrificio di tua madre, che di promesse rispetta soltanto quelle che
convengono a lei!” concludeva l’Io, “Scendi sulla terra! Chi ti credi di
essere? Pensi che la felicità o la sofferenza degli altri dipenda da te? E chi
sei, Superman!? Falla finita con questa colpevolezza onnipotente e muoviti,
tanto è inevitabile che qualcuno non sia contento di ciò che fai!”.