giovedì 4 luglio 2013

Separarsi ..... e riunirsi!

In Sicilia i primi giorni con Beatrice erano regolarmente un disastro. Lei sfogava su di me tutta la sua rabbia per punirmi della mia assenza poi, poco prima di partire, sentiva che stava per riperdermi e cambiava completamente.
Quando ci incontravamo il nostro obiettivo era di riuscire finalmente a separarci, ma la sotterranea speranza era che qualcosa tra noi cambiasse per poter continuare a stare insieme.
Questa situazione, che si ripeteva con regolarità svizzera, ci aveva resi ostili e ognuno pretendeva che fosse l’altro a cambiare. Era come se cercassimo di tirare con tutte le nostre forze dalle due estremità un filo d’acciaio, che a breve si sarebbe spezzato, dando una violenta sferzata a entrambi.
In Sicilia, oltre a soffrire con Beatrice, facevo ben poco. La mia identità era come sospesa. Mangiavo, dormivo, fumavo e incontravo parenti. La mia testa diventava sempre più leggera, come se fosse riempita di cotone idrofilo. Sensazione che mia sorella Camilla  riferiva di avere spesso, anche se  per ragioni alquanto diverse, essendo “accannata” praticamente tutto il giorno.
Non so perché l’Isola mi facesse sempre questo effetto. Comunque, avevo imparato a non contrastarlo, tanto non c’era niente da fare. L’unico pensiero confortante era che dopo qualche giorno sarei ripartito e la testa sarebbe tornata come prima.
Ormai la relazione con Beatrice era finita. Lo sapevo, lo dicevo da mesi forse da anni, ma separarsi era veramente complicato. Non per niente gli psicoterapeuti hanno un mercato così fiorente. Infatti, pensando a me stesso sfidanzato, mi si aprivano dei buchi neri spaventosi.
“Riuscirò mai ad avere una relazione con altra donna?” mi domandavo,
“E se per un caso ci riuscissi, e dopo averla conosciuta meglio non mi piacesse più? Mi complicherei la vita per non concludere niente, e si ripresenterebbe il problema di doverla lasciare!”.
Qui interveniva il mio “Io” dotato di rigorosa, ma spesso inutile, ragionevolezza.
“Và bene” diceva al Me stesso, “è possibile che in futuro possa non piacerti più, cosa c’è di strano? Ma potrebbe anche verificarsi il contrario e se non provi non potrai mai saperlo. E poi, l’unico modo in cui ti stai complicando la vita, visto che sei più inerte di una sveglia senza pile, è che temendo sempre di complicartela fai poco o nulla per godertela. Come puoi sostenere che provare interesse per una donna complica la vita? Al contrario, la rende più allegra e stimolante”.
 Ma il Me stesso fragile e distruttivo insisteva: “Sì, ma insieme alle cose piacevoli ci saranno anche quelle spiacevoli”.
E l’Io: “ E allora? Se dovessero prevalere le cose spiacevoli molla tutto ed è fatta. Dov’è il problema?”.
“A te sembra tutto molto semplice, ma cosa racconto alla persona a cui avevo promesso qualcosa, e che mi odierà perché l’abbandono?”.
Ogni promessa è un debito, diceva sempre quella pia donna di mia madre, e anche se usava questo detto per costringerci a fare ciò che voleva lei, il monito generale mi ritornava ossessivamente in mente e mi dicevo: “Non posso fare soffrire gli altri per la mia instabilità”.

“Lascia perdere quella eroina del sacrificio di tua madre, che di promesse rispetta soltanto quelle che convengono a lei!” concludeva l’Io, “Scendi sulla terra! Chi ti credi di essere? Pensi che la felicità o la sofferenza degli altri dipenda da te? E chi sei, Superman!? Falla finita con questa colpevolezza onnipotente e muoviti, tanto è inevitabile che qualcuno non sia contento di ciò che fai!”.

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