domenica 25 agosto 2013

La zia Maria - (dal prossimo romanzo)!

Pietro questa volta fu tra i primi ad arrivare, dopo aver suonato il campanello Pepi, il volpino di sua zia Maria, cominciò ad abbaiare istericamente. Oltrepassata la soglia della porta gli andò sotto minacciando di azzannare quello che era a portata di dentatura (le scarpe o al massimo l’orlo dei pantaloni), e quando cercava di avvicinarsi per accarezzarlo si spostava di un metro continuando a digrignare i denti. Pepi era il guardiano della casa di Maria, lui faceva esattamente quello che avrebbe fatto la padrona se fosse stata un cane. Maria, invece, lasciato a Pepi il ruolo di digrignare i denti, si comportava sempre più platealmente come se non vedesse più nulla. Nessuno aveva ancora capito cosa vedesse realmente, perché a volte inquadrava particolari che sfuggivano a tutti, altre volte andava incontro a chi entrava e gli toccava la faccia per capire chi avesse di fronte, come se i particolari tattili del viso le permettessero di capire chi fosse in modo più preciso della voce. Maria aveva appena pubblicato a sue spese un libro di poesie, ne prese una copia ci scrisse sopra una dedica e la diede a Pietro. Il titolo era “ Amore per Amore” che non spiccava per fantasia, era ridondante, oltre che completamente fuori luogo. Maria, infatti, dall’alto del suo enorme egoismo, era improbabile che avesse realmente amato qualcosa o qualcuno. Nella prefazione, scritta da una sua amica, c’erano alcune note sull’autrice, in cui si diceva che ciò che la muoveva  erano la malinconia e la follia. Pietro conoscendo la zia Maria aveva pensato che ciò che la aveva spinta nella vita era stata soprattutto la follia, perché la malinconia la faceva venire a chi le stava accanto. Dopo avergli consegnato la copia con dedica personale, gli disse che il volume non lo aveva voluto distribuire, e che aveva comprato lei tutte le copie. Pietro la guardò interrogativo cercando di capire se credesse veramente che lui non sapeva che chiunque può pubblicare qualcosa se paga le spese, come aveva fatto lei. Non c’era nulla di male a pagarsi la pubblicazione di un libro, ma vantarsi di aver deciso di non farlo distribuire era decisamente insostenibile, per quale motivo avrebbe dovuto impedire a un editore di farla diventare ricca e famosa? Comunque Maria, visto che quella pubblicazione era costata, aveva deciso di provare a recuperare qualche spicciolo, e aveva detto a Pietro che se lui o qualche amico voleva regalare delle copie del suo libro potevano comprarle da lei. Certo dopo averlo letto e se gli piaceva! Pietro la guardava esterrefatto,  pensando che sicuramente quel libro sarebbe diventato il suo regalo preferito.
Prima di entrare in casa Lucia aveva passato di nascosto a Pietro e Benedetta una piccola e striminzita piantina di giacinto, che dovevano regalare alla zia Maria. Perché volesse proprio un giacinto con tre rami non si sapeva, ma dopo averlo toccato per capire cosa era, Maria disse che lo desiderava tanto perché le ricordava la sua giovinezza. Per fortuna non lo vedeva, perché il giacinto che Lucia aveva comprato faceva veramente schifo, sembrava un cactus rachitico senza spine e non faceva venire in mente una giovinezza carica di meravigliose prospettive.
Mentre si scambiavano gli immancabili auguri di buon anno e si auguravano ogni bene per l’anno nuovo, Santo continuava a stare attaccato al suo computer portatile dove stava finendo una partita dell’ultimo video gioco che aveva scaricato. Era un giochino intitolato “World combact in the sky”, dove lui con le sue postazioni mobili cercava di abbattere degli aerei futuristici che sganciavano bombe luminescenti, mentre altri Big Gim apparivano da dietro gli angoli e cercavano di farlo secco. Santo era discretamente sordo da alcuni anni, ma rifiutava di utilizzare una protesi perché preferiva non sentire quello che dicevano le persone intorno a lui. A tratti, quando non voleva partecipare per niente, fingeva di essere più sordo di quanto fosse per potersi isolare completamente. Probabilmente era diventato sordo perché era stufo di sentire le continue stupidaggini della moglie e Maria era in parte cieca perché non aveva voglia di vederselo attorno più di tanto. In quel momento Santo era molto assorto e impegnato a sopravvivere, mentre inspirava l’ossigeno dalla bombola portatile che lo accompagnava da alcuni anni.

lunedì 12 agosto 2013

IL BRILLANTE SCOMPARSO. (Un noir familiare. Che ripropongo). Per leggere l'anteprima http://reader.ilmiolibro.kataweb.it/v/904346/Un_uovo_strapazzato#!

Intanto erano cominciati i preparativi per il matrimonio di mio fratello Mario, e io scesi in Sicilia una settimana prima per dare una mano. La nostra casa al mare, dove si sarebbe svolta la festa, venne sistemata e il giardino abbellito. Devo ammettere che era molto carina e c'era una splendida vista.
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I preparativi per il matrimonio procedevano febbrilmente quando accadde un fatto imprevisto.
Cinque giorni prima del matrimonio il brillante destinato a Claudia sparì misteriosamente.
Teresa diceva di averlo avvolto nella carta stagnola, messo in una busta di carta chiusa con lo scotch, e nascosto in una scatola dell'elettricità, cioè in una di quelle scatolette che si trovano murate nelle parte alta delle pareti di casa, che servono ad accedere ai diversi settori dell'impianto elettrico. Questa scatola si trovava all’ingresso del salone, ma quella mattina quando l’aveva aperta, il brillante non c'era più. Teresa diceva di aver trovato la busta vuota con dentro una strana polverina simile a cenere.
Questo evento gettò tutti nello sgomento: Teresa come prima spiegazione aveva ipotizzato che una corrente elettrica anomala avesse colpito il brillante e lo avesse polverizzato!
“Non diciamo fesserie” sostenni io, “i brillanti sono pietre durissime, credo che neanche la scarica di un fulmine riuscirebbe a polverizzarli. Pensiamo, invece, a chi potrebbe averlo rubato, e vista l'entità della cosa mi sembra sia il caso di denunciare il furto”.
La squadra investigativa caoticamente comandata da Teresa aveva passato al setaccio tutte le possibilità. Si era pensato a un ladro proveniente dall’esterno, ma non c’erano state effrazioni di porte o finestre, e questa possibilità era rimasta sospesa e senza prove.
Poi erano state indagate le persone di servizio che avevano accesso alla casa, cioè quelle nostre e quelle dei miei zii che abitavano accanto a noi, perché potevano aver visto Teresa nascondere il brillante nella scatola.
Carmelina, la nostra donna di servizio venne esclusa dopo un acceso dibattito, lavorava da noi da molti anni, era affidabile, e, nonostante tutto quello che Teresa le faceva passare, voleva un gran bene a mia madre. Ma non furono queste le motivazioni principali che portarono alla sua esclusione. Infatti, Carmelina stazzava 106 chili per 1 metro e 52, aveva grossi seni che sembrava potessero sbilanciarla in avanti se non manteneva in asse il baricentro, non era molto agile e non saliva più di due gradini di una scala per il timore di cadere. Poiché, per arrivare alla scatola dell’elettricità e svitarla bisognava salire in cima alla scala dubitavamo fortemente che Carmelina si fosse lanciata in un’impresa così acrobatica.
Toccò poi ai due ragazzi dello Sri Lanka che lavoravano da mia zia da diversi anni. Erano sposati e molto grati a mia zia, che gli dava la possibilità di lavorare e vivere insieme da lei. Lui era venuto ogni tanto da noi a chiedere o portare qualcosa ed era possibile che avesse visto mia madre nascondere il brillante. Qualcuno aveva anche ipotizzato che dal terrazzo della casa dei miei zii potessero aver visto mia madre salire sulla scala. Mia zia gli chiese qualcosa in proposito, ma non ebbe il coraggio di andare oltre: si fidava troppo di loro.
Intanto il fatto venne denunciato ai Carabinieri, che promisero di venire a fare dei rilievi che non fecero mai, asserendo che sicuramente si trattava delle persone di servizio.
Venne preso in considerazione anche Alfio, il giardiniere settantenne che era curvo a 60 gradi e lavorava per mio Padre da almeno trentacinque anni. Ma nessuno riusciva a immaginare quel mite anziano curvo e nodoso nelle vesti di un astuto ladro.
Insomma, con il personale di servizio non si arrivò da nessuna parte, e tornò in ballo l'ipotesi della polverizzazione. Teresa chiamò per telefono il Signor Pulvirenti, il gioielliere di famiglia, gli spiegò l’accaduto e poi gli chiese: “ Secondo lei, è possibile che con una forte corrente elettrica il brillante si sia polverizzato?”
Il Signor Pulvirenti che, oltre a essere un esperto di pietre, era anche un profondo conoscitore delle vita delle famiglie siciliane, dopo una breve pausa chiese a Teresa: “Signora, mi scusi, ma lei questo brillante da quanto tempo ce l’ha?”.
Mia madre, pur perplessa per la domanda, rispose: “Beh, quanto sarà? Quasi trent’anni.”
Con la sottile ironia caratteristica di alcuni siciliani, il Signor Pulvirenti aggiunse: “E allora, Signora Teresa, se per quasi trent’anni non è successo niente, perché si sarebbe dovuto polverizzare proprio adesso che lo doveva dare a sua nuora?”.
Teresa non mise al corrente la squadra investigativa del contenuto della telefonata, ma genericamente spiegò che il Signor Pulvirenti escludeva la teoria della polverizzazione.
Poi vennero considerate ipotesi molto più inquietanti. Si pensò a Patti o a Camilla, ma furono subito scartate: avevano altro per la testa che rubare brillanti, in altri termini non avevano alcun movente. Ipotizzo che in mia assenza sia stato indagato anche io, ma se così fu non ne seppi mai nulla, quindi non vi saprei dire i motivi per cui fui scartato.
Infine, venne sospettato lo stesso Mario, che forse aveva bisogno di soldi per il matrimonio.
“Ma cosa cavolo dite?!” intervenni io stupito, “Ma vi sembra ragionevole che Mario rubi qualcosa che tra qualche giorno sarà sua, e che ha piacere di regalare a sua moglie? Ma siete fuori di testa?” .
Mario era imbufalito, non partecipava ai lavori del team investigativo e per fortuna nessuno gli disse che anche lui era stato per brevissimo tempo un sospetto. In quei giorni parlava poco e guardava torvo Teresa, che peraltro era stata accuratamente esclusa dalla lista degli indagati per evitare che si generasse una crisi familiare irreversibile.
Dopo due giorni di inutili investigazioni, Filippo andò in città e comprò un nuovo brillante per Claudia, che venne montato a tempo di record perché fosse pronto il giorno del matrimonio. Filippo non avrebbe potuto tollerare di non regalare il brillante alla prima nuora, e se ci fosse stato bisogno avrebbe ipotecato la casa per comprarne un altro.

L'episodio venne temporaneamente chiuso per evitare che turbasse l'atmosfera della festa, ma il mistero del brillante, che era riuscito a salvarsi dalle frese che lo avrebbero tagliato in due ma non dalla polverizzazione elettrica, rimase irrisolto, alimentando le già numerose e intricate storie familiari. 

giovedì 1 agosto 2013

LE DONNE E IL SESSO! (Vado in vacanza...a presto)

Dopo la conclusione della relazione con Beatrice, ci vollero almeno sei - otto mesi per recuperare un io sufficientemente solido, e riaffrontare il sesso con altre donne. Consideravo il sesso come una bizzarra attività relazionale, che comportava spesso posture grottesche, e non trovavo una spiegazione valida al fatto che questa attività fisica venisse così sopravvalutata dalle persone. Certo, l’eccitamento e la scarica di questo è piacevole, ma in fondo dura poco e spesso non è neppure così soddisfacente. Riuscire a vivere piacevolmente un rapporto così intimo, soprattutto all’inizio, non è per niente facile. Se non fosse per un insieme di altri aspetti psico-emotivi correlati alla sessualità, direi che non è molto più piacevole che segnare un gol alla squadra avversaria, o catturare un bel pesce durante una battuta di pesca subacquea.
Con Beatrice il sesso aveva una fisicità limitata e non aveva uno spazio proprio: era un’appendice della relazione di coppia e funzionava in stretto rapporto con essa.
Dopo di lei non riuscivo facilmente a immaginare la possibilità che una donna si interessasse a me, e, più in particolare, che fosse fisicamente attratta.
Ma, una volta rotto il ghiaccio, mi ritrovai con due fidanzate in contemporanea. Una era “la minorenne”, nel senso che era decisamente più giovane di me, e la vedevo in genere il pomeriggio, mentre con “la maggiorenne” stavamo insieme ogni tanto la sera.
Non furono dei rapporti “torridi”, anche per il fatto che loro erano più problematiche di me, e i rapporti dei sensi furono fugaci e sporadici. La minorenne viveva il sesso come qualcosa che bisognava scoprire con cautela e attenzione, un po’ come quando si fa l’autopalpazione del seno per vedere se c’è qualcosa di pericoloso.  Mentre la maggiorenne andava benissimo nei preliminari, ma appena andavi oltre, le scappava di andare in bagno, e con questa fuga precipitosa in genere finivano i cosiddetti “rapporti sessuali”.

Poi cominciai a frequentare Doriana, una mia collega di Biologia che amava stuzzicare il genere maschile, ma che nei fatti concedeva molto poco. Aveva bisogno di essere amata, ma, come molti, era spaventata dalle quasi certe delusioni dell’amore. Dopo qualche bacio in macchina, di quelli che durano ore con scontri di incisivi e grandi lavaggi del collo e delle orecchie, una sera, finalmente, accettò di salire a casa mia. Dopo aver abbreviato al minimo accettabile i preliminari, ero passato decisamente alle fasi avanzate. Lei si comportava in maniera veramente singolare: dopo pochi secondi, ansimando un “noo…., noo”, mi sgusciava da sotto e si allontanava di un metro o due strisciando sulla moquette. Io colmavo carponi la distanza e si riprendeva, ma solo per qualche attimo..perchè sgusciava via di nuovo, e si ricominciava. Devo dire che dal punto di vista dell’eccitamento era fantastico, era come riconquistarla ogni volta, mentre dal punto di vista fisico era piuttosto impegnativo per le ginocchia e per le braccia. Nel giro di mezz’ora avevamo percorso strisciando tutto il soggiorno e la stanza da letto. Il bagno lo evitammo perché fummo bloccati dalla porta a soffietto. Alla fine, avendo imboccato il corridoio dell’ingresso che finiva con la porta d’entrata, la cosa si concluse lì, visto che non c’erano altre vie di sguscio. Se la porta fosse stata aperta probabilmente saremmo arrivati in portineria.