Dopo la conclusione della relazione con
Beatrice, ci vollero almeno sei - otto mesi per recuperare un io
sufficientemente solido, e riaffrontare il sesso con altre donne. Consideravo
il sesso come una bizzarra attività relazionale, che comportava spesso posture
grottesche, e non trovavo una spiegazione valida al fatto che questa attività
fisica venisse così sopravvalutata dalle persone. Certo, l’eccitamento e la
scarica di questo è piacevole, ma in fondo dura poco e spesso non è neppure
così soddisfacente. Riuscire a vivere piacevolmente un rapporto così intimo, soprattutto
all’inizio, non è per niente facile. Se non fosse per un insieme di altri
aspetti psico-emotivi correlati alla sessualità, direi che non è molto più
piacevole che segnare un gol alla squadra avversaria, o catturare un bel pesce
durante una battuta di pesca subacquea.
Con Beatrice il sesso aveva una fisicità
limitata e non aveva uno spazio proprio: era un’appendice della relazione di
coppia e funzionava in stretto rapporto con essa.
Dopo di lei non riuscivo facilmente a
immaginare la possibilità che una donna si interessasse a me, e, più in
particolare, che fosse fisicamente attratta.
Ma, una volta rotto il ghiaccio, mi
ritrovai con due fidanzate in contemporanea. Una era “la minorenne”, nel senso
che era decisamente più giovane di me, e la vedevo in genere il pomeriggio,
mentre con “la maggiorenne” stavamo insieme ogni tanto la sera.
Non furono dei rapporti “torridi”, anche
per il fatto che loro erano più problematiche di me, e i rapporti dei sensi
furono fugaci e sporadici. La minorenne viveva il sesso come qualcosa che bisognava
scoprire con cautela e attenzione, un po’ come quando si fa l’autopalpazione
del seno per vedere se c’è qualcosa di pericoloso. Mentre la maggiorenne andava benissimo nei
preliminari, ma appena andavi oltre, le scappava di andare in bagno, e con
questa fuga precipitosa in genere finivano i cosiddetti “rapporti sessuali”.
Poi cominciai a frequentare Doriana, una
mia collega di Biologia che amava stuzzicare il genere maschile, ma che nei
fatti concedeva molto poco. Aveva bisogno di essere amata, ma, come molti, era
spaventata dalle quasi certe delusioni dell’amore. Dopo qualche bacio in
macchina, di quelli che durano ore con scontri di incisivi e grandi lavaggi del
collo e delle orecchie, una sera, finalmente, accettò di salire a casa mia. Dopo
aver abbreviato al minimo accettabile i preliminari, ero passato decisamente
alle fasi avanzate. Lei si comportava in maniera veramente singolare: dopo
pochi secondi, ansimando un “noo…., noo”, mi sgusciava da sotto e si
allontanava di un metro o due strisciando sulla moquette. Io colmavo carponi la
distanza e si riprendeva, ma solo per qualche attimo..perchè sgusciava via di
nuovo, e si ricominciava. Devo dire che dal punto di vista dell’eccitamento era
fantastico, era come riconquistarla ogni volta, mentre dal punto di vista
fisico era piuttosto impegnativo per le ginocchia e per le braccia. Nel giro di
mezz’ora avevamo percorso strisciando tutto il soggiorno e la stanza da letto.
Il bagno lo evitammo perché fummo bloccati dalla porta a soffietto. Alla fine,
avendo imboccato il corridoio dell’ingresso che finiva con la porta d’entrata,
la cosa si concluse lì, visto che non c’erano altre vie di sguscio. Se la porta
fosse stata aperta probabilmente saremmo arrivati in portineria.
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