martedì 26 febbraio 2013

ITALIA .......la terra dei cachi! Un raccontino politico!



ROMA - PONTE MILVIO
ORE 3.23 della notte

Durante tutta la giornata le notizie sull’onda di piena del Tevere si erano succedute in un crescendo sempre più inquietante. Non si sapeva dove il fiume poteva esondare e quali irreparabili danni poteva procurare. I Romani avevano tirato fuori dagli armadi le calosce e guardavano spaventati lo spicchio di luce sotto i ponti principali che andava lentamente riducendosi. Tutti i membri delle istituzioni pubbliche erano presenti e pronti a cercare di evitare non tanto l’inarrestabile evento, quanto l’ondata di critiche che sarebbero inevitabilmente ricadute sugli interessati alla prevenzione. Anche se la loro costante presenza destava qualche sospetto sulla reale gravità della situazione, erano troppo tranquilli e loquaci.

Alle 3.23 della notte la gente che da ore aspettava l’esondazione del fiume nella zona di ponte Milvio cominciava a essere impaziente perché non succedeva nulla, nessuno voleva il disastro, ma almeno che so….il piazzale allagato…. o il ponte dei lucchetti leggermente lesionato, insomma un po di spettacolo dopo tanta attesa!

A quel punto le Autorità corsero ai ripari e attraverso uno straordinario intervento di polizia, vigili del fuoco, protezione civile, guardia forestale, utilizzando un mezzo anfibio fatto pervenire prontamente in loco fecero lanciare quattro secchiate d'acqua sporca sul piazzale di Ponte Milvio, acqua che venne prontamente risucchiata dalle potenti idrovore delle forze riunite, scongiurando il peggio.

Il Sindaco e il Ministro dell'Ambiente apparsi di buon mattino in tutte le televisioni nazionali e regionali hanno ringraziato tutte le forze intervenute per il tempestivo ed efficiente lavoro svolto.

Il Ministro ombra dell'ambiente ha, invece, denunciato che mentre il Sindaco e il Ministro chiamavano in massa tutte le televisioni a Ponte Milvio, l'Aniene strabboccava a Ponte Mammolo allagando il garage di due poveri cittadini e provocando ingenti danni. In seguito all’esondazione e all’incapacità delle autorità sono stati distrutti chili di arance e conserve di pomodori secchi allocati nei garages degli sfortunati concittadini.

Il Ministro ombra dell’ambiente ha chiesto indignato le immediate dimissioni del Sindaco, del Ministro dell’ambiente e del Responsabile della Protezione Civile. Ma tutte le forze di Governo si sono strette attorno ai loro rappresentanti, dichiarando che la richiesta di dimissioni era una buffonata e che il Governo era più solido che mai e gli interventi sul territorio erano stati gestiti con perizia.

Ma l’opposizione al quel punto passò al contrattacco definendo spregevole l’uso abusivo di tutte le televisioni pubbliche e non a fini puramente propagandistici, e l’Italia era un paese libero che non meritava questa arrogante manifestazione di potere. E così venne richiesta la costituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta che facesse luce sull’accaduto e le immediate dimissioni di quel Governo che stava rovinando l’Italia.

Si andò avanti così per due giorni, rimpallandosi reciprocamente le accuse. Alla televisione si avvicendavano trasmissioni che sostenevano che questi allarmanti fenomeni erano dovuti allo scempio idrogeologico del territorio e al riscaldamento terrestre che venne attribuito ora agli uni ora agli altri. A trasmissioni che ricordavano che il Tevere era esondato centinaia di volte dopo l’arrivo di Romolo e Remo e che il riscaldamento terrestre era una bufala inventata dagli ambientalisti e lo scempio idrogeologico una ipotesi al momento priva di fondamento.

Poi tutto finì, il Tevere rientrò rapidamente nei livelli abituali, lo scontro politico-istituzionale sull’argomento si spense, anche perché il Mibtel aveva perso 4 punti percentuale e le Banche Italiane rischiavano di andare a zampe all’aria e, purtroppo per noi cittadini ignoranti, gli attacchi e le trasmissioni spostarono i riflettori su questo ostico argomento, almeno la piena del Tevere si vedeva!








domenica 24 febbraio 2013

FRENESIA PROCREATIVA, (Dal libro)


A giugno nacque Giulio, il primo figlio di Mario. Tutti eravamo contenti e Mario si pavoneggiava considerandosi il prosecutore della stirpe. Giulio alla nascita era piccolino, e mio fratello con le sue manone gli circondava completamente il torace quando lo prendeva e lo mostrava a noi dicendo gioiosamente: “Toraxx! Guardate che roba! E’ un toro. E non avete visto il pippolone!” (intendeva il pisellino, o il pipino o come altro viene chiamato il coso dei bambini).
Era passato un anno da quando con Federica avevamo iniziato i tentativi di avere un figlio e, a quel punto, cominciai a domandarmi se fosse stato necessario fare qualcosa di più per raggiungere l’obiettivo, anche se per il momento non ne avevo ancora parlato con lei.
Claudio, pressato da Elena, era già avanti con le operazioni, e mi teneva informato sulle tecniche più recenti e sui risultati.
“Osmio”, mi diceva, “ormai vado avanti facendomi seghe in tutti i cessi dei centri medici. Pensa che al C.D.R. (Centro Della Riproduzione) nel bagno ci sono pure le riviste porno, ma sono di quattro anni fa, e chissà quanti le hanno toccate prima….Che schifo! Però và alla grande: ho 90.000.000 di spermatozoi per millimetro cubo, il 70% sono a posto e dopo quattro ore il 50%  va ancora come gli aereorazzi”.  
E io: “Novanta milioni….? E cosa ci devi fare, fecondare tutto il paese?!”.
“Comunque”, aggiunse Claudio, “così il sesso si stravolge. Ormai io ed Elena ci accoppiamo solo quando lo dicono i medici. Pensa che, l’altra mattina, ci siamo dovuti svegliare alle 6,30, accoppiarci entro le 7 e, senza lavaggi, correre al centro per recuperare gli spermatozoi emessi e verificare se il suo muco li  accoppava o no! Per fortuna si sono difesi bene. Giravano alla cieca, ma tranquilli”.
Cercavamo di scherzarci su e sdrammatizzare.
“Ma, Osmio, ti assicuro che è pesante. Poi, ogni volta che arrivano le mestruazioni, è una mezza tragedia. Si risvegliamo delusioni, rabbia, sensi di colpa, ed Elena comincia a cercare spiegazioni che forse non ci sono o non possono essere trovate”.
Un giorno Claudio mi chiamò in preda al panico: “Osmio è un disastro! Hanno capito perché Elena non rimane incinta. Mi hanno fatto fare un esame al microscopio elettronico, gli spermatozoi sono sempre 87 milioni, ma solo il 10% sono decenti, gli altri sono tutti anormali, hanno la testa a palla, a punta o, addirittura, sono bicefali. Per non parlare delle code, che sono mozze, doppie, curve o mosce. Insomma, un vero fallimento”.
Io cercavo di confortarlo: “Claudio, guarda che ormai è il mondo che non funziona: le città sono inquinate, i cibi contraffatti, siamo troppi… se a questo aggiungi il fatto che fumiamo, beviamo e siamo stressati, come pretendi che i nostri spermatozoi se la cavino bene? Comunque, non ci credere troppo a queste analisi, in fondo ne basta uno solo di quelli muscolosi, rapidi ed efficienti per raggiungere il risultato. Vuoi che tra gli 8 milioni e settecentomila sani che ti sono rimasti, non ce ne sia uno con le palle?”.
Ridevamo, ma i figli non arrivavano.
“Loro cosa ti hanno consigliato di fare?”
“Dal prossimo mese proveremo con la fecondazione in vitro, sceglieranno loro lo spermatozoo giusto e lo infileranno dentro l’ovulo. La fecondazione è assicurata, il risultato no, e costa un sacco di soldi”.
“Fantastici i progressi della scienza, non dovrai neanche accoppiarti,
pensano a tutto loro! Tu ti fai la solita sega,  firmi l’assegno, e poi te ne stai su un divano in panciolle a leggere un libro.”
Con voce un po’ triste Claudio raccontava: “Certo che queste tecniche sono devastanti. Nei primi 15 giorni non si fa sesso in attesa dell’ovulazione. Nei successivi 15, non si fa sesso per non turbare l’eventuale processo di attecchimento…E, alla fine, quando posso farmi una normale scopata con Elena? Il giorno in cui si saprà che non è andata bene e quindi sarà disperata?”
“Mah”, sospiravo io, “non facciamoci prendere dallo sconforto e speriamo che funzioni. Se no: niente sesso, niente soldi, niente figlio, e in più ti dovrai accollare la depressione di Elena per i successivi due mesi”.
“Comunque”, diceva Claudio, “ormai siamo in ballo e bisogna andare fino in fondo, tanto in ogni caso cambia poco. Non so chi lo dicesse, ma aveva ragione: il matrimonio è la tomba del sesso.”
“Però è anche vero”, aggiungevo io. “ che le fecondazioni assistite, al sesso, gli abbreviano la vita. Io mi sa che, se non funziona nel modo classico non vado oltre: vorrà dire che la natura si oppone.”
Mentre io mi preoccupavo di capire come aumentare le possibilità di successo fecondativo, Federica era tranquilla e non si poneva troppi problemi su questo tema.
Una sera che era rimasta a dormire da me trovai nella sua borsa lasciata aperta sul divano (non so se intenzionalmente o meno) una scatola di anticoncezionali. Rimasi marmorizzato. Non sapevo davvero più cosa pensare.
Andai in camera e le chiesi a bruciapelo con un tono ostile: “Da quanto tempo prendi la pillola?”.
Lei non si scompose più di tanto: “Scusami Osmio, avrei dovuto dirtelo! Me la ha prescritta il ginecologo due mesi fa perché avevo le mestruazioni irregolari e delle perdite eccessive. Ma non preoccuparti: la devo prendere solo per qualche mese”.
Per evitare di darglielo in un occhio, tirai un gran pugno sulla cassettiera, rischiando di spezzarmi un braccio,
“Certo che sono proprio un gran coglione. Tu sai che io ti amo, ma non puoi giocare con me in modo così basso e vigliacco! E non mi frega niente di sapere i motivi per cui lo fai”.
“Osmio ma cosa vuoi dire?! Tu sei fuori di testa. Ti ho detto la verità, e le tue illazioni mi offendono e mi feriscono”.
Si alzò, si rivestì, raccolse le sue cose e se ne andò dicendomi di richiamarla quando avrei ritrovato la ragione.
Per l’ennesima volta ero io che mi sbagliavo, che esageravo, che la criticavo, che non mi fidavo. Mi girava la testa ma mi ero rotto le scatole di crederle e di sentirmi in difetto. Nei due giorni successivi continuai a domandarmi se avevo ragione o torto, se la sua versione fosse vera e io visionario, se dovevo accettare questo ulteriore problema e salvaguardare la relazione. Ma ero confuso e non riuscii ad arrivare a una soluzione definitiva.
Poi la richiamai e mi scusai. Lei era contenta, io no. Non ero convinto, ma riprendemmo a vederci. Anche se razionalmente non ero riuscito a prendere una posizione, dentro di me qualcosa continuava a cambiare senza che ne avessi una precisa consapevolezza. Già allora, probabilmente, il mio io aveva raggiunto una conclusione.
Certo non era possibile conoscere la verità su Federica, ma quanto contava questo? Se io vedevo le cose in questo modo e ci stavo male, era con lei che succedeva e, indipendentemente da come stavano realmente le cose, io mi corrodevo. Mi ero fracassato le palle di stare così.


giovedì 21 febbraio 2013

QUELLI CHE SCENDONO DALL’AUTO QUANDO FANNO BENZINA "Psicopatologia del rifornimento" (Parte II)


Questa è la seconda parte, che spero attendevate con ansia! Dopo aver preso in considerazione le persone che considerano al macchina come oggetto estraneo a sé .........

" 2) Passiamo adesso alle persone che considerano la macchina come una parte di sé nelle quali l’atto di scendere dalla macchina è legato a diverse problematiche di cui le più comuni sono legate all’ostilità verso gli altri, al controllo, e a un livello diverso alla sessualità.
In primis c'è la persona paranoica, che arrivata alla stazione di rifornimento scende velocemente dalla macchina, apre il tappo da sola e attende minacciosa e impaziente il losco benzinaio. Questo comportamento è in relazione al timore persecutorio che il “suo” autoveicolo possa essere in qualche modo danneggiato, e sul piano sessuale alla rabbia per una penetrazione della pompa violenta e dannosa, anche se indispensabile.
Non sono rare le reazioni ostili contro il benzinaio, per la goccia di benzina che cola sulla carrozzeria, per la possibilità che il prezzo richiesto non corrisponda alla benzina messa, fomentata da sospetti sulla regolarità delle pompe o della benzina. Nei casi più patologici, insieme ai dolorosi vissuti di omosessualità – violenza sessuale - sodomia possono emergere idee deliranti centrate sull’idea che durante il rifornimento la benzina possa non essere immessa nel serbatoio, ma al contrario che venga risucchiata quella che rimane.
L’ossessivo, invece, scende dall’auto perché si sente coattivamente obbligato a controllare accuratamente tutte le operazioni di rifornimento. Sceso dalla macchina controlla che la posizione dell’auto rispetto alla pompa sia corretta, che il tappo venga aperto con decisione e delicatezza e che non venga lasciato penzolare fuori dall’alloggiamento, che il tubo della pompa non strisci sulla carrozzeria, che la pompa venga inserita nel serbatoio in modo adeguato. Sul piano sessuale domina un atteggiamento contraddittorio verso il rifornimento, con un’ansia crescente legata al controllo accurato di tutto, ed è impossibile lasciarsi andare a fare benzina “così come viene”. Per risparmiare, per limitare il proprio senso di inadeguatezza e proteggere il prezioso autoveicolo durante il rifornimento, se possibile, bisogna sostituirsi in tutto al benzinaio, ed è questa la ragione per cui costoro quasi sempre scelgono le pompe self-service.
Poi abbiamo il tipo isterico, sarebbe meglio dire la “tipa” trattandosi quasi sempre di donne. In questo caso il tappo viene sempre fatto aprire dal benzinaio e l’introduzione della benzina viene accompagnata dalla tipa che assume comportamenti istrionici e seduttivi (commenti ad alta voce con tono sensuale, giravolte, sciabordio dei capelli, mugolii…etc.). Fare benzina per la tipa è un avvenimento significativo in cui si può essere accettati o rifiutati, con una fusione completa tra sé e la propria autovettura, e se il benzinaio per errore dice: “…a Signò guardi che cià le rote sgonfie”, questo viene vissuto come un rifiuto personale che può costare molto caro all’incauto benzinaio, e generare risposte ostili e volgari tipo “..perchè nun te guardi quant'è sgonfio er cosino tuo! .....a stronzo!!”
In questi casi la tipa scende dall’auto perché il rifornimento và vissuto da vicino, anche se suscita sentimenti contrastanti di piacere, ma anche di invidia rabbiosa verso il benzinaio perché possiede la pompa e una grande quantità di benzina.
Infine, nel caso di problematiche di tipo narcisistico, l’automobilista scende per ammirare la splendida carrozzeria della sua auto, per riprovare la perfetta apertura del tappo e entusiasmarsi per la facilità con cui riesce a mettere grandi quantità di benzina. Durante il rifornimento guarda fiero la macchina/sé, fa qualche battute sulla sua bellezza e sul suo perfetto funzionamento, attento a cogliere ogni commento positivo. Ma bisogna stare attenti perché questo automobilista, che fa sempre e solo il “pieno”, è capace di sospendere il rifornimento in qualunque momento al minimo accenno di critica o disapprovazione.

3) L’ultimo gruppo, composto  da coloro che capiscono confusamente cosa sia una macchina, è costituito essenzialmente dagli anziani. In realtà, per loro restare o scendere dalla macchina non ha più un significato preciso, se scendono dall’auto lo fanno per capire se la macchina è proprio davanti alla pompa o se hanno parcheggiato davanti a un bar; per chiedere al benzinaio dove si può fare rifornimento, per capire dove verrà mai messa la benzina nella sua macchina visto che non ricordano dove sia il tappo. Se il guidatore è un uomo, la moglie in questi frangenti resta ostinatamente in macchina stringendo la borsa con i soldi per pagare, e chiama continuamente il marito chiedendogli in modo perentorio di far controllare l’olio, l’acqua, la pressione delle gomme, la ruota di scorta e di verificare il prezzo della benzina erogata. I disturbi dell’attenzione e della memoria, con l’ansia conseguente sono intensi e irreversibili, mentre le problematiche psicosessuali sono ormai dimenticate!"

mercoledì 20 febbraio 2013

QUELLI CHE SCENDONO DALL’AUTO QUANDO FANNO BENZINA "Psicopatologia del rifornimento" (Parte I)


Questo scritto è un articolo che mi è stato richiesto da un amico nel 93, è stato pubblicato su Storie una rivista molto originale della Casa editrice Leconte (per chi volesse conoscerla www.storie.it/). Penso sia stata la prima cosa che ho scritto, in forma di articolo pseudo-psicologico ironico. Per questo ringrazio Gianluca che mi ha aperto al mondo della scrittura. Lo ripropongo in due parti rivisto e adattato ai tempi.  


Il vertiginoso aumento dei costi del carburante negli ultimi anni ha complicato la vita del povero automobilista che deve fare benzina, generando una condizione di stress  non solo economica ma anche psicologica per cui emergono molteplici e intensi problemi, che spesso sono sottovalutati o negati.
Tra l’umanità motorizzata, sono sempre più numerosi “quelli che scendono dalla macchina quando fanno rifornimento”, questo particolare comportamento è sempre più frequente e sottende motivazioni spesso molto differenti, ma anche problematiche psicologiche non indifferenti che andrebbero approfondite, e in qualche caso anche trattate!
Anzitutto va detto che tra gli automobilisti ci sono tre categorie generali che bisogna ben distinguere: 1) coloro per i quali la macchina è un oggetto estraneo a sé, incomprensibile, minaccioso e difficile da gestire; 2) coloro che, invece, vivono la macchina come una parte di sé, come un’espansione del proprio corpo, accogliente, posseduta e conosciuta nei minimi particolari (almeno così credono); 3) coloro che capiscono confusamente cosa sia una macchina.

1) Tra quelli che vivono la macchina come oggetto estraneo a sé, quasi sempre la fermata per il rifornimento assume delle caratteristiche claustrofobiche.
A macchina ferma la carrozzeria diventa una estranea scatola metallica (oggi più di plastica che di metallo), un oggetto tombale che li ingabbia. Oppressi da questa soffocante impressione, costoro appena fermi lasciano immediatamente l’auto e consegnano subito le chiavi al benzinaio allontanandosi dal veicolo, tanto che il benzinaio è costretto a urlare per sapere quanta benzina vogliano mettere nel serbatoio. Per loro restare in macchina è quasi impossibile, il sedile diventa come una sorta di graticola, e bisogna uscire subito se non si vuole rischiare la comparsa di intense crisi d’ansia o di violenti sentimenti di inadeguatezza. Una volta finito il rifornimento, recuperano le chiavi, risalgono in macchina velocemente e dopo la regolamentare “grattata” nell’inserimento della marcia, dovuta alla fretta e ai movimenti scoordinati, senza guardare nulla ripartono rapidamente a volte sgommando. Perché è sicuramente vero che la macchina è estranea, ma è anche un oggetto che potrebbe permettergli di raggiungere sconosciute sensazioni di autonomia e libertà, e a volte potrebbe diventare un eccitante mezzo controfobico.

Un altro gruppo è composto dalle persone il cui problema centrale è l’isolamento sociale, che è anche un isolamento rispetto a tutti gli attuali oggetti automatizzati come: il computer, il cellulare, i tablet, il navigatore satellitare ...e altro ancora. Per costoro andare in macchina accentua il senso di distacco dal mondo e la solitudine, e negli ingorghi si sentono puntini anonimi spersi in un mondo caotico e in movimento. Alcuni di loro durante il rifornimento scendono dalla macchina solo per scrollarsi di dosso la pesantezza della solitudine della guida e li vedi accanto alla pompa di benzina con l’occhio lucido e pronto al pianto, che sembra vogliano quasi abbracciare la pompa, tanto si sentono soli.
Per altri che hanno un simile problema lo scendere dalla macchina si associa a un forte bisogno di comunicare con chiunque sia nelle vicinanze (il benzinaio, gli altri automobilisti, passanti occasionali..). Gli argomenti della comunicazione sono in genere banali come il tempo, il calcio, i politici corrotti etc. ma non raramente si sfogano in modo insensato raccontando l’ultima malefatta della suocera. Ovviamente questi comportamenti sono tentativi di soluzione inadeguati al problema, ma comportano un certo sollievo dopo i lunghi e solitari spostamenti in auto e i pesanti silenzi casalinghi con il partner.

domenica 17 febbraio 2013

QUALCOSA DELLE DONNE MI SEMBRAVA DI AVERLA CAPITA. ....E' ironico. Come dice Fedor nelle citazioni all'inizio del libro.: "La donna? Solo il diavolo sa cos'è."


Comunque, qualcosa delle donne mi sembrava di averla già capita.
Ero convinto che in genere fossero più forti, più concrete e più capaci di vivere degli uomini. Noi, mi dicevo, siamo idealisti, crediamo di essere forti solo perché non possiamo ammettere il contrario: il nostro orgoglio ferito non ci permetterebbe di vivere. Ma abbiamo costantemente bisogno di stima e approvazione, e quando non arriva, ci sentiamo offesi.
L’unico aspetto che rende deboli le donne è che, spesso, pensano di avere bisogno di un uomo per sopravvivere, e qui cominciano i loro guai.
Infatti, ritenendo erroneamente di avere di fronte un uomo forte e indipendente, e quindi minaccioso, perché potrebbe fare a meno di loro, tentano in ogni modo di indebolirlo e renderlo bisognoso di loro. E’ una guerriglia giornaliera che si conclude senza vincitori né vinti, ma che comporta spesso il reale indebolimento dell’uomo. Il poverino può tentare di sfuggire, e cercherà un’altra donna, che inevitabilmente proseguirà il lavoro di quella precedente.
La donna abbandonata, invece, andrà incontro alla solita depressione causata da quegli stronzi degli uomini, tuttavia ne uscirà più abile di prima nel ridurre il compagno successivo a un uovo strapazzato.
Nei casi in cui la relazione tiene, dopo qualche tempo l’uomo indebolito comincerà a dare evidenti segni di cedimento. Quante donne giovanili si vedono in giro con uomini vecchieggianti, pieni di acciacchi o di malattie invalidanti! Questo è il contrappasso e la punizione per il loro tentativo di controllare l’uomo, e si ritrovano a: cambiare il catetere al marito, portargli la pala a letto, pulirgli la pastina che gli scola sul collo dagli angoli della bocca, sostenerlo per strada mentre avanza faticosamente con un arto rigido dopo il recente ictus. Poi, quando è definitivamente allettato l’uomo indebolito diventa un tiranno, e comincia a chiamare (direi urlare) continuamente dalla camera da letto per le esigenze più varie e banali:
“ Ho fameee!! …..Sto scomodooo!!!....... Mi fa male la schiena!!!......
Vuoi buttare quel cazzo di aspirapolvere, che fa un rumore maledetto?!....Devi  licenziare quella nuova cameriera: mi guarda male, è sgarbata e forse ruba!”.
La vendetta inconsapevole dell’uomo indebolito si consuma lentamente, a meno che un colpo di fortuna non te lo levi di mezzo in poco tempo. 

17 Febbraio. Festa del gatto! Non sapevo esistesse, ma l'idea è carina.


In realtà, Maurizio era fiero di Pietro e di quanto aveva realizzato, ma non glielo avrebbe mai detto, Pietro era sua figlio ma viveva in un’altra vita che aveva ben poco da fare con la sua. Neanche i nipoti a cui voleva bene erano riusciti a riavvicinarli, Maurizio considerava anche loro diversi e distanti da lui.
Ormai viveva delle gesta della sua gatta Mimma che appena aveva visto in giro nel suo territorio il grosso pastore tedesco del guardiano le era saltata in groppa, e conficcandogli gli artigli nelle orecchie lo aveva spinto al galoppo rimanendogli in groppa sino a che il cane non aveva raggiunto casa sua, solo allora lo aveva mollato e se ne era tornata trionfante da Maurizio.
“Dovevate vedere come Mimma montava quel bestione”, raccontava fiero Maurizio ai nipoti, “gli teneva le orecchie come delle briglie e sembrava un fantino lanciato nella volata finale” e rideva al ricordo.
“Ma poteva fargli male!” disse preoccupato Marco che da sempre aveva una spiccata sensibilità riguardo le sofferenze degli animali.
“Beh, se l’è cercata. Se fosse rimasto a casa, non si sarebbe ritrovato Mimma sul groppone. Vedrai se ci riprova ad avvicinarsi da queste parti!”. 

giovedì 14 febbraio 2013

Mi presento sono il cane Zoe.....e quando dico che dormo come gli umani credetemi!



Mi chiamo Zoe, mia madre era un West Island White Terrier nobili cani da tana, mio padre non ho idea di chi fosse perché non so con chi si sia accoppiata quella coscia-allegra di mia madre, il risultato è che io sono una Bastard Island, molto carina sicuramente, ma pur sempre meticcia. La mia non è mai stata una vita facile, i miei padroni mi hanno sicuramente voluto bene, ma Lea (la mia padrona) è sempre stata troppo apprensiva con me e ogni volta che saltavo un pasto o non facevo i bisogni mi stava dietro per ore dicendomi ansiosamente “Come stai Zoinaaa…..?  Ti senti maleee.?  Perché non mangi la pappi-pappi!!  Devo chiamare la veterinaria?” Insomma uno strazio e alla fine, stanca di sentirla, per ripicca mi mettevo sul divano accanto a lei e le scaricavo una serie di puzzette fatte bene.  
Pippo (il mio padrone) si interessava poco a me, era sempre fuori casa e non ho mai capito perché stesse sempre in giro, non raramente spariva per giorni interi per poi ricomparire all’improvviso come se niente fosse. Ne io, ne Lea eravamo contente del comportamento di Pippo, ma poi lui rientrava ci faceva quattro carezze, giocava un po con noi, e continuava a sparire come al solito. Nonostante non ci fosse mai, Pippo aveva la presunzione di sentirsi il capobranco e io lo assecondavo per non ferire il suo orgoglio maschile. Per stare un po con lui rimaneva soltanto la notte (…quando dormiva a casa), e io per recuperare mi accucciavo tra le sue gambe, o mi mettevo con la testa sul cuscino accanto a lui quando sotto le coperte faceva troppo caldo.
Non ho mai avuto paura degli altri cani, in particolare quando mi portavano fuori al guinzaglio non gliela facevo passare liscia alle altre cagne che passavano per strada, cominciavo ad abbaiargli e a ringhiare facendole spaventare a morte per farle capire con chi avevano a che fare. Certo i grossi cani maschi mi intimorivano, ma mi sembra anche normale visto che io sono piccolina, anche se velocissima a scappare. Un giorno ero al bar con Pippo che mi aveva legata a un piccolo pilastro, fuori con me c’era anche Otto un enorme Rottwailer di 70 – 80 chili che sembrava buono, ma ancora non lo conoscevo bene quindi non mi fidavo. Improvvisamente Otto fece un balzo verso di me, io era legata e lanciai un urlo di terrore dicendo: “Ahoooo, che stà a fà sto bestione….me se vuole magnà pe cenaaaa!” (scusate il romanesco ma io so nata a Poggio Mirteto ner Reatino…e quanno ce vole ce vole). Nel frattempo, alla velocità del suono feci un gran salto all’indietro cercando di evitare il musone di Otto, sembravo un cane del Cirque du Soleil ….. per fortuna Otto si era soltanto lanciato per intercettare al volo un mezzo cornetto alla crema che qualcuno gli aveva lanciato dal bar. Quella volta me la sono veramente fatta sotto, anche se in realtà Otto è il cane più innocuo della terra!
In genere con i cani maschi sono sempre andata d’accordo, ma nessuno mi è mai piaciuto tanto da sentire il desiderio di accoppiarmi, ma mio malgrado regolarmente, nonostante fossi vergine, mi venivano delle pseudo-gravidanze contro cui non potevo fare niente. In quelle settimane mi sentivo confusa e seccata, non riuscivo a capire come mai avessi tutti i sintomi della gravidanza anche se non l’avevo data a nessuno. Avevo la nausea, mi mancava l’appetito, scavavo fantomatiche cucce per i figli sotto i cassettoni, poi prendevo una scarpetta verde e un cane rosso di gomma li portavo un po in giro mugolando come un’idiota, e pensando che fossero i miei cuccioli li difendevo dagli estranei. Ero veramente fuori di testa, mi comportavo come un’isterica ma non ci potevo fare niente era più forte di me. Poi piano piano tornavo a essere la solita Zoe dimenticavo gli pseudo-cuccioli e mi sentivo meglio. 

mercoledì 13 febbraio 2013

I DUBBI DI OSMIO!


“Riuscirò mai ad avere una relazione con altra donna?” mi domandavo,
“E se per un caso ci riuscissi, e dopo averla conosciuta meglio non mi piacesse più? Mi complicherei la vita per non concludere niente, e si ripresenterebbe il problema di doverla lasciare!”.
Qui interveniva il mio “Io” dotato di rigorosa, ma spesso inutile, ragionevolezza.
“Và bene” diceva al Me stesso, “è possibile che in futuro possa non piacerti più, cosa c’è di strano? Ma potrebbe anche verificarsi il contrario e se non provi non potrai mai saperlo. E poi, l’unico modo in cui ti stai complicando la vita, visto che sei più inerte di una sveglia senza pile, è che temendo sempre di complicartela fai poco o nulla per godertela. Come puoi sostenere che provare interesse per una donna complica la vita? Al contrario, la rende più allegra e stimolante”.
 Ma il Me stesso fragile e distruttivo insisteva: “Sì, ma insieme alle cose piacevoli ci saranno anche quelle spiacevoli”.
E l’Io: “ E allora? Se dovessero prevalere le cose spiacevoli molla tutto ed è fatta. Dov’è il problema?”.
“A te sembra tutto molto semplice, ma cosa racconto alla persona a cui avevo promesso qualcosa, e che mi odierà perché l’abbandono?”.
Ogni promessa è un debito, diceva sempre quella pia donna di mia madre, e anche se usava questo detto per costringerci a fare ciò che voleva lei, il monito generale mi ritornava ossessivamente in mente e mi dicevo: “Non posso fare soffrire gli altri per la mia instabilità”.
“Lascia perdere quella eroina del sacrificio di tua madre, che di promesse rispetta soltanto quelle che convengono a lei!” concludeva l’Io, “Scendi sulla terra! Chi ti credi di essere? Pensi che la felicità o la sofferenza degli altri dipenda da te? E chi sei, Superman!? Falla finita con questa colpevolezza onnipotente e muoviti, tanto è inevitabile che qualcuno non sia contento di ciò che fai!”.

martedì 12 febbraio 2013

RINGRAZIO PENNAC SCRIVE DELLE COSE VERAMENTE .....BELLISSIME!



"Quel che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara. Ed è a una persona cara che subito ne parleremo. Forse proprio perché la peculiarità del sentimento, come del desiderio di leggere, è il fatto di preferire. Amare vuol dire, in ultima analisi, far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo. E queste preferenze condivise popolano l’invisibile cittadella della nostra libertà. Noi siamo abitati da libri e da amici."

Daniel Pennac

lunedì 11 febbraio 2013

Vi chiedo una piccola mano. Commentate liberamente, se volete.

Non siate timidi, e se vi va commentate. Il blog è aperto a tutti e se mi inviate i vostri commenti per me è molto più divertente e stimolante, oltre al fatto che ho un feedback su quello che pubblico. Non preoccupatevi anche due parole, quelle che vi sentite di dire vanno bene. In ogni caso ringrazio tutti quelli che mi seguono.

Le vicissitudini di Osmio dopo la rottura con Federica (la ex sposa potenziale)!



Ma Germana era entrata nella mia vita come una tromba d’aria, tirandomi nel suo vortice, e io mi sentivo sospeso sulla terra con lei.
Non c’era niente da fare la mia malattia recidivava! Ero ripartito, senza neppure fare una sosta, per una nuova avventura.
Prima un ciclone (Federica), ora una tromba d’aria (Germana). Non avevo ancora imparato a evitare i fenomeni naturali estremi, e non avevo ancora capito quanto fossero pericolosi! Sapevo, ma solo in linea teorica, che se non elaboravo il distacco e mi ributtavo a capofitto nella vita sicuramente sarebbe cambiato molto poco, anzi, era probabile che avrei ripetuto gli errori del passato. Ero molto abile a elaborare interessanti teorie per evitare gli errori, molto meno ad applicarle.
In pochi giorni mi ero innamorato di nuovo. Germana era divertente, intelligente, spiritosa e anche attraente. Certo era instabile, irrequieta e mutevole, ma in quel momento non mi importava.
Era appassionata di segni zodiacali e considerava il nostro incrocio Leone (io) con Acquario (lei) perfetto. Non ne so la ragione, ma ero contento. Mi aveva regalato un piccolo leoncino di peluche, che avevo posizionato sul comodino. Ma neanche il leoncino fu sufficiente a farmi capire quanto ero rincitrullito.
Riporto fedelmente una pagina del mio diario a testimonianza di questo ( tra parentesi è riportato il mio commento a posteriori).
Germana, ti amo e ti desidero come non ho mai amato nessuno nella mia vita (E’ sempre così all’inizio, ma non dura). Sono pazzo di te (direi pazzo e basta), ti adoro, mi piaci senza limiti e vorrei stare con te ogni minuto della mia vita (le solite esagerazioni). Parlarti, ridere, passeggiare, baciarti, piangere, fare l’amore, abbracciarti è quanto di più meraviglioso sia mai successo nella mia vita (retorico).
Vorrei gridarlo in giro e far sapere a tutti la mia felicità e la mia profonda paura di perderti. Non voglio più lasciarti! (Non mi sembra il caso di gridarlo in giro, rischi che ti mettano in manicomio, e buttino la chiave!). “Voglio che continui ad abbracciarmi, a chiamarmi micio e leoncino (penoso! anzi, penosissimo!), voglio sentire la tua voce, il tuo corpo (ecco bravo! Limitati al corpo è meglio!) la tua presenza vicina, molto vicina a me. Ti amo, ti amo, ti amo”
Tre volte, il numero della perfezione! Madonna, ero incurabile!

venerdì 8 febbraio 2013

Dopo aver eliminato il concetto di masochista...provo anche con quello di altruista!


Federica” le dicevo, “ci sono due concetti che ho praticamente cancellato dal mio personale vocabolario, e sono masochista e altruista. Non credo né all’uno né all’altro, quindi fammi un favore: quando parli con me scordateli, perché ambedue mi fanno girare vorticosamente le palle”.
In effetti, altruista non mi genera lo stesso fastidio di masochista, perché la sua eliminazione dal mio vocabolario l’ho fatta partendo da me stesso. Forse ho avuto un piccolo aiuto da parte di Teresa, che lo usava sempre con il solito scopo di ottenere ciò che voleva, anche se non era uno dei suoi cavalli di battaglia.
Mi ero reso conto che le persone si muovevano per cercare di soddisfare le proprie egoistiche esigenze, e non trovavo nulla di strano in questo. Secondo questa logica, anche andare incontro all’altro soddisfa un egoismo personale, qualunque esso sia, quindi, la dicotomia egoista/altruista non ha più ragione di esistere: siamo tutti egoisti. E se qualcuno riteneva che gli avessi fatto del bene o del male, questo era solo un punto di vista personale dell’altro riguardo la mia scelta, non riconducibile all’egoismo o all’altruismo. In questo modo eliminavo anche l’utilizzazione impropria del termine altruista, spesso usato a sproposito per sottolineare quanto l’altro sia buono con te e con il prossimo, e quanto tu non lo sia altrettanto. Ormai, se mi accusavano di essere egoista non mi infastidivo più, ma quando l’altro si proclamava altruista, e, implicitamente, sosteneva che io ero egoista e cattivo allora mi giravano le scatole.

giovedì 7 febbraio 2013

Quante volte vi hanno detto che siete masochisti......e quante volte vi siete sentiti tali? Ripensateci, non è proprio il caso di crederci!! (Dal libro "Un uovo strapazzato")



Il tema del masochista non l’ho mai potuto sopportare. Che l’uomo abbia difficoltà a non soffrire lo capisco, ma che desideri soffrire volontariamente (a parte rari casi devianti, che però lo ammettono), mi è sempre sembrata una colossale balla psicologica.
Secondo la diffusa “teoria del masochista”, costui non tollera il benessere e, anche se va tutto nel modo migliore, cerca di crearsi una buona quota di immaginari tormenti quotidiani con metodo e caparbietà. Il buon masochista non si arrende mai e non si accontenta delle pene che è già riuscito a procacciarsi, ma cerca con costanza sofferenze sempre maggiori, sperando di riuscire, finalmente, a passare una notte in bianco rigirandosi nel suo letto…..in fondo, contento!
Il masochista ha una fantasia sconfinata: riesce a trovare ragioni di acutissimo strazio anche nei rapporti con persone fantastiche, virtuose e ineccepibili, che a lui e soltanto a lui provocano tribolazioni, rancori e incazzature solenni. Il masochista ricostruisce la realtà a modo suo, intuisce cose che non sono state dette né fatte e rielabora tutto in termini di sofferenza. Riesce perfino a trascinare in drammi senza fine quelle angeliche creature che gli stanno accanto e che sono disposte a tutto pur di evitare che soffra. Ma lui le assilla lo stesso, non si fida, si logora e le tormenta senza badare al fatto che esse vogliono solo “altruisticamente” il suo bene. I masochisti più abili non si accontentano di trovare dei banali sadici, perché sarebbe troppo semplice soffrire con loro, ma scelgono persone di infinita bontà per trovare il dolore anche nel bene, e sentirsi ancora più in colpa per questo.
Quando, poi, un masochista è troppo ambizioso, finisce per ritrovarsi con una persona con cui innegabilmente ha creato qualcosa di buono, allora si verifica il tracollo, il fallimento dei suoi progetti più elevati. Il poveraccio rimane inebetito, costretto a una vita di torpido e monotono benessere, lontano dall’estasi della sofferenza, incapace di ritrovare il senso della sua esistenza. A questo punto o soccombe, o cerca di riappropriarsi altrove del suo amato ruolo.

mercoledì 6 febbraio 2013

IL PITECANTROPO INCAZZATO Parte II


Successivamente, stanco e annoiato di incazzarsi da solo cominciò a conoscere e studiare da lontano l’uomo, che sempre più spesso per la sua incomprensibile frenesia di esplorare luoghi sconosciuti invadeva i suoi isolati territori. Seguendo la sua indole il Pitecantropo non aveva alcuna intenzione di fare amicizia con l’uomo, tra l’altro quel buffo essere bipede gli stava anche cordialmente antipatico per il modo in cui ogni uomo tentava di fregare gli altri. Gli sembrava un essere abbietto e subdolo, che solo raramente aveva come lui il coraggio di incazzarsi apertamente, e d’altra parte se fosse diventato amico dell’uomo sarebbe stato sicuramente fregato facendo la fine dei poveri e fedeli cani, animali schiavi e dipendenti.
Ma stufo di stare da solo scelse, comunque, di parassitare l’uomo, almeno avrebbe vissuto a sue spese, senza dover sottostare ad alcun comandamento. Il Pitecantropo, infatti, poteva passare da uno stato ostile e solitario, a uno fusionale e parassitario diventando parte di un altro essere. L’uomo per questo scopo era un essere ideale, infatti era abbastanza stronzo di suo da poterlo accogliere, permettendogli di mimetizzarsi abilmente incazzandosi quanto voleva senza che nessuno si accorgesse della sua presenza.
Dopo essersi fuso con l’uomo il Pitecantropo sulla terra non si è più visto, e la sua esistenza oggi può essere soltanto ipotizzata quando si manifestano nell’uomo i segni del suo caratteraccio. Ovviamente non possiamo essere certi che le nostre frequenti incazzature siano sempre opera del Pitecantropo che c’è in noi. Solo nei casi eclatanti, come accade talvolta negli stadi di calcio o durante alcune sedute parlamentari, risulta evidente che, data l’insensatezza delle questioni, non sia colpa dell’uomo ma si tratti di manifestazioni attribuibili al Pitecantropo Incazzato che tantissimi anni fa, nostro malgrado, ci ha parassitato.

lunedì 4 febbraio 2013


Mi identifico molto con il Pitecantropo in questo momento! Questa è la prima parte. 
La seconda tra un po .....! 


IL PITECANTROPO INCAZZATO



Conosciuto sin dalle ere più remote, quando ancora l’uomo non aveva preso piede sulla terra, il Pitecantropo Incazzato era un animale selvaggio e piuttosto brutto. Era un quadrupede tozzo e color topo, aveva una specie di barbetta sul mento, gli occhi iniettati di sangue, tre corna sulla testa e sbuffava e scalciava continuamente non si sa contro chi. Si nutriva di vermi, scarafaggi e altri schifosissimi insetti che odiava profondamente, e doverli mangiare lo faceva incazzare ancora di più.
Era asessuato e non si accoppiava, nella sua vita generava un solo cucciolo di Pitecantropo, che auto-produceva a partire dalla parte di se stesso che lo faceva incazzare di più, magari soltanto perché gli dava ogni tanto un po’ di stitichezza. Alcune cellule di questa parte fastidiosa venivano isolate e cominciavano a svilupparsi autonomamente come un tumore, generando un embrione che cresceva rapidamente perché voleva staccarsi il più presto possibile dal genitore. Dopo essersi completamente sviluppato l’odioso piccolo veniva espulso, e il Pitecantropo adulto lo scacciava immediatamente, dicendogli una caterva di cattiverie, in modo che il piccolo cominciasse da subito a essere piuttosto incazzato. 
Come si può facilmente immaginare non era per niente socievole, ai primordi viveva lontano dai suoi simili e girovagava indisturbato per i boschi e le brughiere incazzandosi da solo. Viveva tirando calci e cornate alle rocce e agli alberi, vomitando e scorreggiando su cespugli e fiori con un unico scopo nella vita quello di incazzarsi sempre di più.
Se pensate che una vita simile non abbia senso vi sbagliate completamente, vivere di pura ostilità contro tutto e tutti è altrettanto, se non più funzionale, che vivere di bontà e amore, è per questo che la vita media di un Pitecantropo Incazzato era di più di 150 anni........(continua) 

sabato 2 febbraio 2013


Questo è un raccontino, ditemi cosa posso fare per migliorarlo. Nella foto, Zoe vergognata dopo la tosatura!


LA TOSATURA DI ZOE
Una storia Siciliana

Mentre passeggiavano, come la maggior parte della moderna umanità, in un centro commerciale aperto da poco trovarono un negozio per animali disponibile a tosare subito il cane Zoe (che potrete conoscere meglio più avanti nel racconto Cani da Calendario). La sua padrona era molto indecisa, pensava che tosarla senza alcun preavviso fosse una violenza, non si sa bene se per lei o per il cane che non era psicologicamente preparato ad affrontare quello strazio. Zoe non aveva mai amato farsi spogliare del suo pelo, e dopo essere stata tosata si muoveva continuamente senza scopo con le orecchie basse e la coda tra le gambe, forse si vergognava vedendosi così denudata e ridicola. Il suo disagio in queste situazioni, anche se non sicuramente comprensibile, era palpabile. come in inverno quando pioveva e le mettevano l’impermeabile per evitare che si bagnasse, sembrava proprio che si vergognasse e si impuntava per strada rifiutandosi di camminare. Ma con i 35 gradi di temperatura di quei giorni il pelocco fitto di cui era dotata la faceva stare sempre con la lingua di fuori. Dopo molte indecisioni la padrona affidò al marito la responsabilità ultima della scelta, e si decise per la tosatura.
“Mi raccomando” disse la padrona di Zoe dando una serie di indicazioni al ragazzo che doveva tosarla “ Non gli lasci la coda pelosa….non la tosi troppo, ma neache troppo poco….., non le lasci i peli sulla pancia…” . Il ragazzo paziente la guardava con occhi furbi e alla fine le disse: “Signorina, (in Sicilia qualcuno usa ancora chiamare cosi anche le attempate cinquantenni ancora piacenti), non si preoccupasse! U sacciu iu comu sa fare”. Per nulla rassicurata la padrona aveva continuato a mettere  in guardia il ragazzo che doveva toelettarla dicendogli più volte: “Mi raccomando stia attento, a Zoe non piace affatto essere tosata!...... Le consigliamo di metterle la museruola! Guardi che fa male quando morde!” e molte altre cose ugualmente preoccupanti.
Il ragazzo  guardò  Zoe con un sorrisetto e avvicinandosi per accarezzarla le disse: “Allora Zoe, se tu muzzichi a mia, iu ti muzzico pi primo,….e chi mi muzzichi a fare ca pigghi solo ossa?” Poi rivolgendosi al suo aiutante disse: “Allora Giuseppe,  pignamu stu Pit Bull e viremu c’amu a fare!”. Mentre rigirava, maneggiava, spostava, tirava e tosava  Zoe gli parlava fitto fitto in Siciliano stretto, Zoe era in parte rassicurata in parte confusa, poi le disse: “ Zoe chi bedda cagnola ca sì!...Mii  t’appresentanu  comu si eriti  un Serial Killer ! Fossi chiddi ca ti tosavano prima non ci sapevanu fare motto bene! Ma cu mia…..!!” e continuava accarezzandole il muso “Allora Zoe chi dici? Non è comu ti ricu iu? Si u sacciu che è accussi!”
Attento non le tocchi le zampe perché la morde sicuro, rincarava angosciata la padrona, e lui con il solito sorrisetto: “Brava Zoe rammi a zampa!” e Zoe gli allungava la zampa, “Brava ora runami l’autra!” e Zoe gli dava l’altra. Ma, dopo lo shampoo, arrivato il momento della fonatura Zoe mostrò improvvisamente tutta la sua pericolosità e si lanciò contro il tubo sputa-aria ringhiando e cercando di morderlo in tutti i modi. Il ragazzo ci rimase un po male, spense lo sputa –aria e lo avvicinò a Zoe che continuava a digrignare i denti e tentare di morderlo: “Ma chi fai Zoe?...E’ astutato!”. Comunque Zoe venne fonata ugualmente, perché aveva un pelo talmente fitto che per asciugarlo in altro modo avrebbe richiesto ore. Il ragazzo l’aveva legata con un collare davanti e lui la teneva tirata indietro per il sedere per non farsi mordere, ma lei non rinunciava lo stesso a tentare di azzannare il tubo. Il ragazzo era un po stizzito per le reazioni di Zoe, pensava che sarebbe riuscito a domarla, e alla fine aggiuse: “Cettu ca stu cani è un poco supponente!”. Cosa intendesse dire con supponente non era possibile capirlo, ma rendeva l’idea. Forse voleva dire che era un po maleducata e faceva troppo di testa sua, e lui c’era rimasto male davanti a quelle reazioni non controllabili.
Dopo un’oretta l’incubo di Zoe finì, era molto carina con il pelo raso, che le era stato risparmiato sulla testa che aveva assunto un aspetto leonino, e alla fine della coda che terminava con una specie di pon – pon. Certo un po si vergognava, ma la cosa che più le premeva era allontanarsi al più presto da quel luogo pericoloso, dove la sottoponevano a quegli spiacevoli supplizi, prima che qualcuno decidesse di metterle un fiocchettino rosa in testa o qualche altra ridicolaggine del genere. Per oggi ne aveva abbastanza.



Il self-publishing per far conoscere e vendere quello che hai scritto è una strada interessante (se non ne hai trovate altre), ma molto difficile da sviluppare. Ho letto ovunque che uno dei passi obbligati è quello di creare un blog, e io mi sono precipitato a farlo. Poi mi sono domandato come far conoscere il blog, e ho mandato il link ai miei contatti, probabilmente voi che leggete! A questo punto, cosa ne farò del blog? Forse visto che quello che mi piace è scrivere in modo divertente, e molto di ciò che ci circonda non lo è, lo utilizzerò per questo. E invito chi mi legge a commentare, suggerire e anche pubblicare. Il vostro apporto sarà prezioso, e forse potremmo divertirci insieme con ironia!