A giugno nacque Giulio, il primo figlio di
Mario. Tutti eravamo contenti e Mario si pavoneggiava considerandosi il
prosecutore della stirpe. Giulio alla nascita era piccolino, e mio fratello con
le sue manone gli circondava completamente il torace quando lo prendeva e lo
mostrava a noi dicendo gioiosamente: “Toraxx! Guardate che roba! E’ un toro. E
non avete visto il pippolone!” (intendeva il pisellino, o il pipino o come
altro viene chiamato il coso dei bambini).
Era passato un anno da quando con Federica
avevamo iniziato i tentativi di avere un figlio e, a quel punto, cominciai a
domandarmi se fosse stato necessario fare qualcosa di più per raggiungere l’obiettivo,
anche se per il momento non ne avevo ancora parlato con lei.
Claudio, pressato da Elena, era già avanti
con le operazioni, e mi teneva informato sulle tecniche più recenti e sui
risultati.
“Osmio”, mi diceva, “ormai vado avanti
facendomi seghe in tutti i cessi dei centri medici. Pensa che al C.D.R. (Centro
Della Riproduzione) nel bagno ci sono pure le riviste porno, ma sono di quattro
anni fa, e chissà quanti le hanno toccate prima….Che schifo! Però và alla
grande: ho 90.000.000 di spermatozoi per millimetro cubo, il 70% sono a posto e
dopo quattro ore il 50% va ancora come
gli aereorazzi”.
E io: “Novanta milioni….? E cosa ci devi
fare, fecondare tutto il paese?!”.
“Comunque”, aggiunse Claudio, “così il
sesso si stravolge. Ormai io ed Elena ci accoppiamo solo quando lo dicono i
medici. Pensa che, l’altra mattina, ci siamo dovuti svegliare alle 6,30,
accoppiarci entro le 7 e, senza lavaggi, correre al centro per recuperare gli
spermatozoi emessi e verificare se il suo muco li accoppava o no! Per fortuna si sono difesi
bene. Giravano alla cieca, ma tranquilli”.
Cercavamo di scherzarci su e sdrammatizzare.
“Ma, Osmio, ti assicuro che è pesante. Poi,
ogni volta che arrivano le mestruazioni, è una mezza tragedia. Si risvegliamo
delusioni, rabbia, sensi di colpa, ed Elena comincia a cercare spiegazioni che
forse non ci sono o non possono essere trovate”.
Un giorno Claudio mi chiamò in preda al
panico: “Osmio è un disastro! Hanno capito perché Elena non rimane incinta. Mi
hanno fatto fare un esame al microscopio elettronico, gli spermatozoi sono
sempre 87 milioni, ma solo il 10% sono decenti, gli altri sono tutti anormali,
hanno la testa a palla, a punta o, addirittura, sono bicefali. Per non parlare
delle code, che sono mozze, doppie, curve o mosce. Insomma, un vero fallimento”.
Io cercavo di confortarlo: “Claudio, guarda
che ormai è il mondo che non funziona: le città sono inquinate, i cibi
contraffatti, siamo troppi… se a questo aggiungi il fatto che fumiamo, beviamo
e siamo stressati, come pretendi che i nostri spermatozoi se la cavino bene? Comunque,
non ci credere troppo a queste analisi, in fondo ne basta uno solo di quelli
muscolosi, rapidi ed efficienti per raggiungere il risultato. Vuoi che tra gli
8 milioni e settecentomila sani che ti sono rimasti, non ce ne sia uno con le
palle?”.
Ridevamo, ma i figli non arrivavano.
“Loro cosa ti hanno consigliato di fare?”
“Dal prossimo mese proveremo con la
fecondazione in vitro, sceglieranno loro lo spermatozoo giusto e lo infileranno
dentro l’ovulo. La fecondazione è assicurata, il risultato no, e costa un sacco
di soldi”.
“Fantastici i progressi della scienza, non
dovrai neanche accoppiarti,
pensano a tutto loro! Tu ti fai la solita
sega, firmi l’assegno, e poi te ne stai
su un divano in panciolle a leggere un libro.”
Con voce un po’ triste Claudio raccontava:
“Certo che queste tecniche sono devastanti. Nei primi 15 giorni non si fa sesso
in attesa dell’ovulazione. Nei successivi 15, non si fa sesso per non turbare
l’eventuale processo di attecchimento…E, alla fine, quando posso farmi una
normale scopata con Elena? Il giorno in cui si saprà che non è andata bene e
quindi sarà disperata?”
“Mah”, sospiravo io, “non facciamoci
prendere dallo sconforto e speriamo che funzioni. Se no: niente sesso, niente
soldi, niente figlio, e in più ti dovrai accollare la depressione di Elena per
i successivi due mesi”.
“Comunque”, diceva Claudio, “ormai siamo in
ballo e bisogna andare fino in fondo, tanto in ogni caso cambia poco. Non so
chi lo dicesse, ma aveva ragione: il matrimonio è la tomba del sesso.”
“Però è anche vero”, aggiungevo io. “ che le
fecondazioni assistite, al sesso, gli abbreviano la vita. Io mi sa che, se non
funziona nel modo classico non vado oltre: vorrà dire che la natura si oppone.”
Mentre io mi preoccupavo di capire come
aumentare le possibilità di successo fecondativo, Federica era tranquilla e non
si poneva troppi problemi su questo tema.
Una sera che era rimasta a dormire da me trovai
nella sua borsa lasciata aperta sul divano (non so se intenzionalmente o meno) una
scatola di anticoncezionali. Rimasi marmorizzato. Non sapevo davvero più cosa
pensare.
Andai in camera e le chiesi a bruciapelo
con un tono ostile: “Da quanto tempo prendi la pillola?”.
Lei non si scompose più di tanto: “Scusami
Osmio, avrei dovuto dirtelo! Me la ha prescritta il ginecologo due mesi fa
perché avevo le mestruazioni irregolari e delle perdite eccessive. Ma non
preoccuparti: la devo prendere solo per qualche mese”.
Per evitare di darglielo in un occhio, tirai
un gran pugno sulla cassettiera, rischiando di spezzarmi un braccio,
“Certo che sono proprio un gran coglione. Tu
sai che io ti amo, ma non puoi giocare con me in modo così basso e vigliacco! E
non mi frega niente di sapere i motivi per cui lo fai”.
“Osmio ma cosa vuoi dire?! Tu sei fuori di
testa. Ti ho detto la verità, e le tue illazioni mi offendono e mi feriscono”.
Si alzò, si rivestì, raccolse le sue cose e
se ne andò dicendomi di richiamarla quando avrei ritrovato la ragione.
Per l’ennesima volta ero io che mi
sbagliavo, che esageravo, che la criticavo, che non mi fidavo. Mi girava la
testa ma mi ero rotto le scatole di crederle e di sentirmi in difetto. Nei due
giorni successivi continuai a domandarmi se avevo ragione o torto, se la sua
versione fosse vera e io visionario, se dovevo accettare questo ulteriore
problema e salvaguardare la relazione. Ma ero confuso e non riuscii ad arrivare
a una soluzione definitiva.
Poi la richiamai e mi scusai. Lei era
contenta, io no. Non ero convinto, ma riprendemmo a vederci. Anche se
razionalmente non ero riuscito a prendere una posizione, dentro di me qualcosa
continuava a cambiare senza che ne avessi una precisa consapevolezza. Già allora,
probabilmente, il mio io aveva raggiunto una conclusione.
Certo non era possibile conoscere la verità
su Federica, ma quanto contava questo? Se io vedevo le cose in questo modo e ci
stavo male, era con lei che succedeva e, indipendentemente da come stavano
realmente le cose, io mi corrodevo. Mi ero fracassato le palle di stare così.
Nessun commento:
Posta un commento