domenica 6 luglio 2014

La Nonna Santina.......il perno della famiglia!

Un mese dopo, la Nonna Santina ci lasciò. Non credo che le nozze di Patti abbiano avuto un ruolo nella sua dipartita, ma non posso escluderlo, viste le difficoltà con cui alcuni membri della mia famiglia affrontavano il problema della perdita. Comunque, aveva seri problemi cardiaci, ebbe una broncopolmonite e, almeno, non soffrì a lungo.
La Nonna Santina merita, a questo punto, una breve digressione perché è stata uno dei pilastri portanti della nostra famiglia. Era nata nei primi del 900 e aveva un fratello più grande, lo zio Pierino, ma era lei la figlia con i pantaloni. Era una donna attiva e caparbia, con qualcosa di romanticamente confusionario e, quando si metteva in testa una cosa, era difficile farle cambiare idea. Fu così quando si innamorò e decise di sposarsi con il nonno Pippo, contro la volontà dei genitori e dei parenti in genere. I familiari della nonna non volevano che lo sposasse, perché su Pippo in paese giravano voci infamanti. Pippo era andato nel Nord Italia da giovane, e lì gestiva il commercio di agrumi per conto della sua famiglia. Si diceva che facesse una vita allegra e dispendiosa, e che avesse contratto una malattia da contagio sessuale. Queste voci, in un paese della Sicilia, erano più che sufficienti per rovinarti la reputazione. Ma la nonna Santina era sicura del suo amore e, contro il volere di tutti, partì per il Nord rimanendo con lui qualche tempo. Fece cioè quella che in Sicilia viene chiamata “una fuitina”. In questo modo mise con le spalle al muro i miei bisnonni che, per non rimanere con una figlia svergognata, accettarono Pippo e acconsentirono al matrimonio.
La loro fu una vita piena e la nonna diceva che non si pentì mai di questa scelta, anche se Pippo era spesso al Nord per lavoro. Erano più che benestanti, avevano un intero palazzotto di due piani che al primo aveva più di venti stanze (alcune le scoprii soltanto quando ero già adolescente). Dopo 4 femmine finalmente arrivò il tanto atteso maschio, e lì si fermarono. Teresa era la primogenita. Posso immaginare quali problematiche potessero esserci in famiglia per quell’esubero di donne; la nonna cercava di tenerle a bada, ma era troppo buona e un po’ confusionaria e le mie zie stavano con due piedi in una scarpa solo quando c’era il nonno Pippo di cui avevano timore, e col quale avevano limitati rapporti affettivi. Mio zio Agatino, essendo il più piccolo, riuscì a salvarsi in quel gineceo perché era coccolato da tutte le sorelle. Insomma era una famiglia matriarcale dove, dato l’eccesso di presenze femminili e la limitata possibilità di dare affetto a tutti in modo equilibrato, la situazione lì dentro assomigliava a quella di un pollaio dove imperavano le galline, beccandosi vicendevolmente ma mantenendo integra l’unità familiare.
I temi della famiglia unita, della beccata mascherata da gesto affettuoso, del tentativo di controllare il pollaio con ogni tipo di manovra, vennero affinati lì ben prima che io nascessi.
Il nonno lo conobbi appena e già in una fase avanzata della malattia cerebrale che lo aveva colpito ancora piuttosto giovane: non riconosceva nessuno e non riusciva più neanche a parlare. Quando mi vedeva lanciava un lungo urlo, che a me faceva una paura tremenda, ma che mia nonna Santina interpretava come un segnale di riconoscimento e di affetto.
Dopo la sua morte lo zio Agatino, anche se molto giovane, prese il comando della famiglia, come voleva la tradizione. E questa fu la sua seconda ancora di salvezza: riuscì a passare indenne dal ruolo di fratello minore coccolato a quello di capofamiglia, senza che ci fosse il tempo di preparare lotte intestine. Queste cominciarono pesantemente solo molti anni dopo, quando tutti erano grandi, sistemati e scontenti per la iniqua divisione del patrimonio.
Tutti volevamo bene alla nonna Santina, in particolare noi nipoti, perché era una vera Nonna, e il suo funerale, dove ci rincontrammo in molti, fu più gioioso e affettivamente vero di molti noiosi matrimoni. Eravamo tutti commossi e ci sentivamo vicini, ma quella che sorprendentemente piangeva come un vitello era Camilla, che alla nonna Santina era molto legata e che, in silenzio, l’aveva accudita più di altri quando stava male.


Nessun commento:

Posta un commento