lunedì 13 maggio 2013

L'amore è cieco! Ma non ci si innamora per caso!!



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Rientrato a Roma rividi Federica. Ero più innamorato di prima, nonostante continuasse a raccontarmi di Maurizio, di Michele, di Carlo e di tutti gli altri ex o attuali spasimanti, che, a suo dire, continuavano a corteggiarla, nonostante lei fosse assolutamente chiara e cristallina con tutti.
Mi infastidiva saperla cercata, desiderata e forse anche amata da altri, ma lei mi rassicurava dicendo che tutto questo non modificava quello che provava per me. Io ero sicuro che un giorno lei sarebbe cambiata e la giustificavo. Cosa poteva fare? Troncare bruscamente quei rapporti di amicizia, soltanto perché io ero geloso? Essere maleducata? Sparire colpevolmente come fanno molte persone quando si fidanzano?
Pensavo che per lei fosse difficile chiudere con tutti in quel momento, senza essere completamente sicura di me, perché ancora le servivano per sostenere la sua autostima.
Io ero innamorato, e aspettavo fiducioso l'evolversi del nostro rapporto.
Quando oggi ripenso a quel periodo mi domando come sia possibile rimanere imbecilli e acritici per un tempo così lungo e, anche se allora ero sicuro della fedeltà di Federica, oggi non escludo affatto di aver avuto, come si dice in Sicilia, “più corna di un cesto di vaccaredde” (che sarebbero le lumache, che hanno un paio di corna ciascuna e in un cesto ce ne entrano centinaia).
Per definizione l’amore è cieco. Quindi, all’inizio, non vedevo o non davo importanza a queste cose e non soffrivo più di tanto. Credevo che, restando al suo fianco, avrebbe capito che ero unico e tutto si sarebbe sistemato.
Il mio amore era come un lucido delirio inattaccabile alla critica, carico di fantasie di bene e felicità. A posteriori, la cosa più sorprendente era come in questa condizione avevo accettato o rivisto posizioni che sino ad allora avevo ridicolizzato, o comunque mai condiviso. Anche un doppio salto mortale mi sembrava un andamento lineare tra me e il mio passato.
Sicuramente avevo fatto molti progressi, ma la stabilità della mia identità doveva ancora essere piuttosto precaria, pur essendo, allora, convinto del contrario.
Già dopo pochi mesi io e Federica avevamo deciso di sposarci l’autunno successivo, se lei fosse riuscita a ottenere il trasferimento a Roma. Per il momento non avevo informato la mia famiglia del nostro progetto; era inutile lanciare una bomba che forse non sarebbe neanche esplosa.
A me non sembrava affatto di aver preso una decisione avventata, anche se la conoscevo da poco. Ero convinto che entrati nell’età adulta non fosse necessario molto tempo per capire chi avevi di fronte e cosa volevi insieme a lei.
Insomma le mie esigenze sostenevano la mia scelta, mentre le mie emozioni erano fuori gioco. Quello che decidevo doveva soltanto essere ragionevole e, in effetti, sembrava esserlo.
Anche se Antonio ogni tanto mi fissava per un po’ e poi mi domandava:
“Ma sei proprio sicuro di volerla sposare? Certo è carina, brillante, intraprendente, ma non so….sono perplesso sul fatto che sia adatta a te”.
“No, Antonio”, dicevo io senza incertezze, “forse per la prima volta nella vita sono convinto di una cosa  e non perderò l’occasione di farla”.
Ero come un treno senza freni lanciato a tutta velocità: non vedevo ostacoli, stazioni, né la fine dei binari.
Bisognerebbe essere più cauti quando una cosa ti capita per la prima volta nella vita. Ma ero stato talmente cauto sino ad allora, avevo evitato tanti rischi e non volevo più essere così. Se avessi perseverato nell’indecisione, come in passato, non mi sarei sposato neanche a cinquant’anni.
Inoltre, avevo finalmente raggiunto una solida convinzione e, come la maggior parte delle persone, difficilmente l’avrei abbandonata, a meno che non fosse diventata assolutamente insostenibile. Noi uomini spesso siamo dei pessimi scienziati e non accettiamo di prendere in considerazione ciò che non conferma le nostre teorie, così perdiamo molto tempo in imprese assurde o disperate, piuttosto che dedicarlo a sviluppare qualcosa di migliore.

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