Nella vita reale, continuavo a non stare
fisicamente tanto bene e, tra un doloretto e l’altro, mi ritrovai a dovermi
operare per un “piccolo” problema.
Ovviamente l’intervento era “piccolo” per i
chirurghi quando parlavano con i pazienti; era invece “complesso”, perché
spesso il problema recidivava, quando parlavano con i colleghi. Per me era
semplicemente terrorizzante. Dicevano che tutto era imputabile ai residui
filogenetici della coda, che negli esseri umani era con il tempo scomparsa, ma
a me purtroppo non completamente.
Ero angosciato dal fatto che sarei stato
sottoposto a una anestesia generale. L’idea di quella necessaria sospensione
della coscienza, di cosa sarebbe successo al mio io in quel periodo buio e se
alla fine sarei riuscito a risvegliarmi e ritrovarmi, mi lasciava senza parole.
Nei giorni precedenti, la mia mente fu
occupata in elevate speculazioni filosofiche, su temi come: la morte, l’amore,
il piacere, la libera scelta.
Ritornato cosciente dopo l’intervento, che
era andato bene, abbandonai le astrazioni, divenni molto più concreto e pensavo
arrabbiato:
“Ho il culo rotto! Sono ricoverato da tre
giorni e non sopporto più questo posto. Ho anche un po’ di febbre, e temo che
questo prolungherà la mia permanenza qui”.
L’unica nota divertente erano
le telefonate di mio fratello Mario che a voce altissima diceva: “Ahuugg…, come
sta il grande capo culo scucito? Cosa ha detto lo stregone bianco, che
riuscirai a cagare come prima? O forse avendo due buchi sarà ancora più
semplice?… E quando ti rimandano nella tua tenda?”.
Ridevo, ma mi tiravano i punti e temevo che
mi si sarebbero scuciti sul serio.
L’ospedale è un posto tremendo, a meno che
tu non stia veramente male.
Penso che le persone che ci lavorano o che ci soggiornano
esprimano in questo posto alcuni aspetti estremi e spesso negativi di se
stessi. Questo vale sia per i medici, sia per gli infermieri, sia per i
pazienti: tutti manifestano in modo amplificato alcuni tratti del loro
carattere. Non so….forse dipende dal fatto che manca o è molto sacrificata la
dimensione privata.
C’è chi esercita il proprio potere sugli
altri, e non è detto che lo faccia più il medico che non il paziente o l’infermiere,
chi sessualizza il rapporto terapeutico, chi pratica l’intolleranza nei
rapporti umani. Ci sono quelli che estremizzano le paure del contagio, e quelli
che amano contagiare. Ci sono quelli che ti devono aiutare anche se non vuoi
essere aiutato, e quelli che non si
fanno aiutare anche se ne hanno un estremo bisogno. Ci sono quelli che diventano troppo bambini,
quelli troppo adulti, e i vecchi saggi. C’è chi si culla con l’idea della
morte, e chi vuole evitare di esserne sfiorato. Questi temi sono comuni a
tutti, indipendentemente dai loro ruoli. I medici, gli infermieri e i pazienti
sono, all’interno dell’ospedale, sia i persecutori che le vittime.
Da questo mondo “speciale” ne esci solo
quando sei dimesso, o quando con grande sollievo timbri il cartellino per
tornare a vivere normalmente.
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